A un anno dal drammatico naufragio nel Canale di Sicilia, l’Organizzazione denuncia la mancanza di azioni concrete per la protezione per i minori più vulnerabili e la necessità di attivare canali sicuri e legali per l’arrivo in Europa
“Ogni muro che si alza, ogni campo detentivo in cui i migranti vengono condotti, è come far morire di nuovo quelle persone che attraverso il mare pensavano di trovare la speranza di una vita migliore ma hanno trovato la morte. Ed è un insulto soprattutto alle centinaia di piccole vite strappate via, che dovrebbero invece gravare sulle nostre coscienze e ricordarci che con ognuna di esse, è andato via un pezzo di futuro”. Così Raffaela Milano, Direttore dei Programmi Italia – Europa di Save the Children, nel giorno del primo anniversario del naufragio nel canale di Sicilia, nel quale persero la vita tra le 600 e le 800 persone. Intanto si diffonde in queste ore la notizia che 400 migranti somali ed etiopi partiti dall’Egitto a bordo di quattro barconi sarebbero dispersi. Se confermata, si tratterebbe della più grave tragedia del Mediterraneo dall’inizio del 2016.
“A un anno da una delle più grandi tragedie dell’immigrazione, mentre continua lo stillicidio di nuovi naufragi, ancora non sono stati messi in atto canali sicuri e legali per consentire ai richiedenti asilo di raggiungere l’Europa, evitando così altre inaccettabili morti in mare e riducendo il traffico di esseri umani da parte di uomini senza scrupoli, che si arricchiscono sulla pelle dei più disperati. In questi dodici mesi il Mediterraneo ha continuato ad inghiottire uomini, donne e bambini, senza che l’Europa abbia fatto tutto il possibile per evitare che questo avvenisse. Per questo non possiamo accettare che questa giornata sia solo un anniversario simbolico, ma pretendiamo che oltre alle parole ci si impegni concretamente per evitare la perdita di altre vite umane. Pur apprezzando l’impegno di questi mesi, è necessario continuare ad investire in operazioni di ricerca e soccorso in mare e per dare un accoglienza più dignitosa a coloro che arrivano nel nostro continente”, continua Raffaela Milano.
“L’Europa continua a considerare la crisi migratoria nell’ottica della salvaguardia dei propri confini. Nessuno si preoccupa di proteggere invece i più piccoli, che continuano ad essere una parte consistente dei migranti in arrivo. Sono pochissime le misure adottate per far fronte alle loro esigenze, sia per quelli non accompagnati, sia per quelli che arrivano con le loro famiglie. Nonostante la Commissione Europea abbia individuato i minori soli come uno dei gruppi più vulnerabili, raccomandandone la priorità nelle misure di ricollocamento, ancora tutto questo è solo sulla carta”, conclude il Direttore dei Programmi Italia – Europa di Save the Children.