Il settimanale l’Espresso ha intervistato Michele Prospero, intellettuale raffinato di sinistra, docente di Scienza politica e Filosofia del diritto alla Sapienza di Roma. L’intervista è firmata da Luca Sappino. Per il nostro giornale, il professor Prospero è intervenuto più volte sul tema del mutamento sociale, politico e antropologico del Partito democratico dopo l’ascesa di Matteo Renzi a segretario e poi a premier.
Il punto di partenza dell’intervista è un’opinione secca, ineccepibile: “non c’è nulla di più vecchio che stare al potere senza legittimazione, cercandone ogni giorno a posteriori, forzando forma e sostanza della democrazia, come ha fatto sulle trivelle e come farà sul referendum costituzionale”. Il professor Prospero, sempre e di nuovo da quando Renzi è asceso ai vertici del partito e del governo, solleva una questione democratica. Lo fa soprattutto dopo la pubblicazione della sua ultima fatica “La scienza politica di Gramsci”, in questi giorni in libreria. Non è un caso che nell’intervista all’Espresso, Prospero stigmatizzi il comportamento del premier, il suo invito all’astensione e l’abilità di avocare a sé, come propria vittoria, perfino l’astensione fisiologica, quello del presidente emerito della Repubblica Napolitano e del presidente attuale, Sergio Mattarella, che “si reca al seggio nelle ore notturne, quando ormai è tardi perché la sua immagine possa finire nei seguiti Tg delle 20, spingendo magari altri elettori a votare. Mi ha impressionato un presidente della Repubblica così impegnato bel non scontentare il presidente del Consiglio”.
In realtà, la questione dell’esercizio del voto referendario impone una riflessione sulla democrazia diretta e le sue forme costituzionali. Ecco come la pensa Michele Prospero sul tema: “Il punto è che le forme della partecipazione e della deliberazione collettiva possono essere molteplici. Ma se fino agli anni 70 il tema era al centro della cultura politica della sinistra, che tentava di conciliare Rousseau con Marx, con filosofi come Galvano della Volpe, oggi questo tema riemerge solo altrove, in forme primitive e ingenue, come ci ricorda il nome della piattaforma online del Movimento 5 Stelle, che è appunto Rousseau. Mi pare che Renzi, invece, evochi in continuazione un rapporto diretto con il popolo ma che poi viva con fastidio se questo pretende una cessione di sovranità”. E tutto ciò configura il nuovismo di Renzi? Prospero prosegue: “Il nuovismo di Renzi è in realtà l’utilizzazione del potere ottenuto dopo congiure, stai sereno, regolamenti di conti tutti interni ai palazzi del potere. A me pare quella, la vecchia politica, aiutata anche in questo caso, purtroppo, da alcuni giuristi come Sabino Cassese che ha coniato per Renzi una teoria costituzionale francamente surreale che ha chiamato “legittimazione popolare postiticipata”. Solo che in democrazia la legittimazione è preventiva: è questa l’anomalia che spinge il premier a cercare continuamente occasioni di conferma, sondaggi sulla sua persona, prove di forza, plebisciti”.
Il potere a demagogia incorporata impone un nuovo sistema della comunicazione. Ecco la risposta di Michele Prospero: “Non credo sia una questione di mezzi espressivi, ma di ciò che ci metti dentro, di cosa immetti nel canale di comunicazione. Carbone e gli altri sodali ci mettono quello che hanno in testa, e che tutti possiamo giudicare. E lo fanno nel deliberato proposito di rompere con ogni carattere riflessivo della politica, contenti di restare sulla superficie. Carbone ha fatto la parodia di Alberto Sordi, dimenticando che Sordi rimase senza benzina, rincorso dai lavoratori a cui ha fatto la pernacchia. E l’esito delle continue provocazioni potrebbe esser proprio lo stesso: lasciare senza benzina la Smart con cui Carbone accompagnava Renzi all’inizio della sua avventura romana, quando tramava per raggiungere il potere”.