Beltran Pacheco (nella foto) era un giornalista esperto. L’hanno freddato sulla porta di casa dei sicari che l’hanno ucciso senza lasciare tracce. E’ il quinto giornalista che muore quest’anno in Messico dopo Moses Dagdug Lutzow (20 febbraio, Tabasco), Anabel Flores Salazar (8 febbraio, Veracruz), Reinel Martinez Cerqueda ( 22 gennaio Oaxaca) e Marcos Hernandez Bautista (21 gennaio, Oaxaca). Lo stato dove abitava e dove svolgeva la sua professione è quello del Guerrero, uno dei più pericolosi di tutto il Messico. Nel 2015, nel solo stato di Guerrero ci sono stati 56 atti violenti contro cronisti. E’ terzo nella drammatica graduatoria degli stati più “difficili” per i giornalisti in Messico. Nel corso dei primi tre mesi del 2016, ci sono già stati ben 11 episodi di violenze e minacce solo in quello stato.
Dal 2000, 109 giornalisti sono stati uccisi in Messico. Il Messico è uno dei luoghi più pericolosi per chi praticare la professione del giornalista. L’articolo 19, associazione che nasce per la tutelare i giornalisti ha invitato il procuratore generale dello stato di Guerrero a indagare sulla morte del giornalista. Si dovrebbe, dice uno degli avvocati dell’Associazione, “avviare in modo rapido, imparziale e veloce, una indagine per chiarire ciò che è accaduto e prevenire un altro caso di omicidio impunito”.
La Commissione nazionale per i diritti umani, la Società interamericana della stampa e delle organizzazioni legate alla libertà di espressione e dei diritti umani, come Articolo 19 appunto, ha condannato l’attacco contro il giornalista, che era direttore del quotidiano on-line Il Forum Taxco e corrispondente per la Radio Capital Massimo Chilpancingo e El Sol de Acapulco. Il governatore dello stato di Guerrero ha invitato in questi mesi la stampa a non parlare dei fatti di violenza che si consumano in quel territorio perché allontanano i turisti e spaventano chi vorrebbe andare a passare le ferie ad Acapulco o altre località turistiche dello Stato.
Beltran Pacheco aveva “disobbedito” a questo invito continuando a fare il suo lavoro senza censurare questa o quella notizia. Nonostante questo non aveva mai ricevuto minacce esplicite di morte. Forse per questo, la mattina del suo omicidio, non si aspettava che chi ha suonato alla sua porta lo avrebbe freddato con diversi colpi di arma da fuoco.
Come sempre si è data la colpa ai Narcos e ai vari cartelli. Ma in molti non credono a questo tipo di conclusione. Ecco cosa ha raccontato J. Reveles, tra i fondatori della rivista Proceso. “In Messico, qualsiasi cosa accade è sempre colpa dei Narcos. Così le associazioni dei giornalisti hanno deciso di svolgere ricerche e indagini per capire se sono davvero loro i responsabili della mattanza dei reporter. Articolo 19 (la corrispondente di Art. 21 in Italia), il CNCS (Centro Nazionale Comunicazione Sociale) e Reporter Senza Frontiere hanno studiato approfonditamente il tema e quello che è emerso può apparire sorprendente per chi guarda il Messico da lontano e non conosce bene questa realtà. Le diverse ricerche concordano che i maggiori responsabili di crimini contro giornalisti e cronisti non è la malavita organizzata, ma quasi sempre i mandanti sono politici. E non parlo solo del passato. Politici e i maggiori impresari del Paese sono in testa alla triste classifica di chi sono i mandanti di delitti contro chi lavora nella stampa. Gli abusi che sono commessi contro chi fa questo mestiere hanno queste due “categorie” come maggiori responsabili. Sorprendente vero?”.