In 400 dispersi in mare, una nuova bara
di ferro e acqua nel Canale di Sicilia

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Un anno fa nel Mediterraneo si consumava uno dei naufragi più tragici di sempre. Era il 18 aprile 2015. Oggi un nuovo dramma nel Canale di Sicilia: 400 tra eritrei, etiopi e somali partiti dall’Egitto e dispersi in mare. Finora sono stati recuperati solo sei corpi. Quello di stanotte, come molti altri, ricorda l’affondamento del barcone che giusto 24 mesi fa si inabissava con il carico che trasportava, tra i 700 e i 900 migranti. Le vittime affiorate dai flutti furono solo 58, almeno 600 rimasero imprigionati nell’imbarcazione divenuta la loro bara di ferro e acqua nei fondali del Canale di Sicilia. Solo 28 furono i superstiti.
Numeri che la pongono come una delle più gravi tragedie marittime nel Mediterraneo dall’inizio del XXI secolo ad oggi.
Eppure, nonostante l’enormità di quanto avvenuto e quanto avviene quotidianamente nelle acque antistanti il nostro Paese, ogni volta che arriva un barcone, che riesca ad approdare o che affondi in mare aperto lasciando l’incombenza alla Guardia Costiera di recuperarne il carico umano, c’è chi storce il naso e grida allo scandalo dei rifugiati accolti con troppa facilità in Italia.
Visti da molti come ‘pesi morti’ che lo Stato si ‘accolla’ a scapito dei tanti italiani in difficoltà, non vengono considerati per quello che sono: dei disperati che rischiano la vita attraversando il Mediterraneo su barconi stracolmi perché non hanno alternative.
Sapete quanti immigrati arrivati nell’ultimo anno, e cito statistiche pubblicate dal Ministero dell’Interno, hanno finora ottenuto lo status di rifugiato?
Il 5%.
Paradossalmente nel 2015 gli arrivi rispetto al 2014 sono diminuiti del 10%.
Si tratta soprattutto di migranti provenienti da Eritrea, Nigeria, Somalia, Sudan e, ovviamente, Siria.
Alla fine dell’anno il sistema d’accoglienza italiano, secondo il Viminale, aveva in carico oltre 100mila persone ospitate nei centri di accoglienza “straordinaria”. Di questi in 66 mila sono riusciti a presentare domanda d’asilo, con una percentuale di dinieghi che è arrivata al 58%.
Delle richieste
di protezione esaminate nel 2015 (l’83% sul totale di quelle avanzate) solo il 15% è stata ritenuta idonea a quella sussidiaria, ovvero di natura economica, e il 22% a quella umanitaria.
Messe insieme le varie percentuali, a malapena il %44 dei richiedenti asilo ha ottenuto qualche forma di riconoscimento.
Ma se può essere comprensibile, seppur non accettabile, che quanto previsto dall’ordinamento italiano, ovvero un sussidio concesso a coloro per i quali sussistono ‘fondati motivi di rischio effettivo di subire gravi danni nei paesi di origine’, non si giustifica il rifiuto della tutela umanitaria a un numero così alto di profughi chiaramente in fuga per gravi motivi, come guerre o crisi di altra natura.
La maggior parte di chi arriva dall’Africa, quasi la totalità di chi si imbarca da Egitto e Libia, ha questi reqisiti.
Il numero di rifugiati accolti dall’Italia appare ancor più modesto se lo si confronta a quello di altri Stati europei.
Il trend registrato in tutta Europa dagli anni ‘90 ad oggi, l’aumento di domande a causa di nuovi conflitti e violazioni dei diritti umani, si è verificato anche nel nostro Paese.
Gli ultimi dati forniti da UNHCR rilevano che, a titolo di comparazione, la Germania accoglie circa 580mila rifugiati, il Regno Unito circa 290mila, i Paesi Bassi e la Francia ne ospitano rispettivamente 80mila e 160mila. L’Italia non arriva a 30 mila…
E non illudiamoci che il forte messaggio di Papa Francesco, sia con il suo viaggio nell’isola greca di Lesbo sia portando con sé in Italia tre famiglie siriane per dargli  accoglienza, smuova coscienze e azioni di opinione pubblica e politica.
Noi, invece, sentiamo il bisogno di ringraziare ancora una volta il Pontefice per un gesto tanto umile quanto dirompente verso i rifugiati, dando al mondo una lezione di grande umanità.
Ha provato a stimolare il risveglio della coscienza globale, con naturalezza, con una semplice stretta di mano, ha rafforzare il dialogo inter-religioso e la cooperazione tra Medio Oriente, Africa ed Occidente. Ma nonostante il suo impegno difficilmente taluni politici italiani, come il leader della Lega  Nord Matteo Salvini, che non perde occasione per strumentalizzare le tragedie degli immigrati, riusciranno a comprendere il profondo significato della solidarietà e del dovere all’accoglienza di fronte a questa emergenza di dimensioni colossali. La più grave crisi per tutta l’Europa dalla seconda guerra mondiale ad oggi.


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