Bruno Vespa è categorico e perentorio all’Ansa: “Certo che va in onda, perché non dovrebbe?”. Caso chiuso e che nessuno si azzardi a contraddire. La Rai si adegua al diktat e conferma: l’intervista a Salvo Riina, figlio di Totò, andrà in onda. Il figlio del carnefice di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, e centinaia di altri servitori dello Stato, anche lui condannato per mafia, può presentare il suo libro e parlare liberamente del padre. Questo è il nuovo corso della Rai. Si tocca il baratro più profondo quando il conduttore nel lancio della puntata sostiene “che per combattere la mafia bisogna conoscerla. E per conoscerla meglio c’è bisogno a nostro avviso anche di interviste come questa”. Enzo Tortora avrebbe detto: “Orrore”!
Dopo la bruttissima vicenda dei Casamonica, ancora una volta il principale talk show televisivo della Rai si occupa di mafia non per condannare la criminalità organizzata sotto ogni punto di vista, non per mostrare le sofferenze che provoca alle vittime e ai loro famigliari, ma per intervistare e dare spazio al figlio di un boss sanguinario. Dare un palcoscenico al figlio di Riina significa spettacolarizzare una vita come quella del boss che ha avuto enormi responsabilità negli anni delle stragi in questo Paese. Questo è l’esempio che diamo ai giovani! Questo è il ruolo del servizio pubblico televisivo! Sono certo che il compito del servizio pubblico in questi contesti sia quello di costruire un forte senso civico contro le mafie. Questo lo si fa parlandone, senza tacere, dando spazio alle vittime e non ai protagonisti delle pagine più buie e drammaticamente negative della nostra democrazia. Siamo sicuri che sia questo il tipo di giornalismo di cui ha bisogno il servizio pubblico, nell’ambito del contrasto alle mafie? Cosa dice il Presidente della Repubblica in merito? Saremmo curiosi di conoscere la sua opinione visto che in tv c’era il figlio del carnefice di suo fratello. Credo che oltre al fatto che ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità mi auspico che questo fatto, a mio giudizio gravissimo, abbia conseguenze e non finisca presto nel dimenticatoio collettivo.
*Giurista e docente di diritto penale, Direttore Scientifico della Scuola di Legalità “don Peppe Diana” di Roma e del Molise