La pace è il suono beatbox di un ragazzo di 14 anni che accompagna la canzone prodotta ed eseguita dalla sua classe. Il ritmo sale, sessanta coetanei battono il tempo con le mani nella sala del Refettorietto di Santa Maria degli Angeli. Benvenuti ad Assisi, con le scuole per la pace arrivate da tutta Italia a parlare di fraternità e dialogo, di muri inutili e di solidarietà, nel nome di Giulio Regeni cui è dedicata l’edizione del 2016. Essere qui e contribuire ai laboratori delle parole e delle idee con giovani ed esperti sembra un impegno a portare un contributo utile, a cercare di spiegare a decine di studenti quali sono i vocaboli della guerra che usiamo noi giornalisti anche quando sono eccessivi. Negli appunti scrivi che troppe volte i media usano il termine “conflitto”, “battaglia”, “guerra” a sproposito, solo per indicare un banale dissenso politico oppure un dibattito e tante altre volte, di contro, il termine “battaglia” non basta, è riduttivo. “Battaglia per i diritti” è una frase troppo debole per spiegare la fatica, il fervore, talvolta il dolore, necessari per far valere i diritti, anche nei luoghi e negli spazi dove sono già riconosciuti (sulla carta).
Ma quando ti trovi a tenere il ritmo del beatbox capisci che gli appunti sono marginali e quello che doveva essere il tuo contributo ai giovani si è già trasformato in una lezione che loro sanno impartire alla grande.
Ecco cosa impari ad Assisi, alla tavola della pace con le scuole per la pace; capisci il messaggio che arriva dai ragazzi: è scritto nel video con sottofondo rap di un istituto comprensivo della Campania, nel corto di una scuola media che riproduce la costruzione di un muro fatto di scatole di cartone, nelle parole della giovanissima sindaco dei ragazzi di Fiumicello che ricorda che anche Giulio Regeni lo è stato.
Fraternità, dialogo, pace non sono slogan visti da qui, c’è un contenuto condiviso nei lavori prodotti dalle scuole di primo e secondo grado che probabilmente costituisce l’impalcatura solida della coscienza civile del Paese sulla “necessità” della pace, intesa come diritto fondamentale. Perché è questo che trasmettono i laboratori di Assisi aperti nei luoghi di San Francesco per due giorni interi a completamento della marcia.
I giovani che si mettono in cammino vengono da lontano, non solo geograficamente, vengono da un percorso lungo di riflessione sul valore della pace, dell’eguaglianza sociale, del riconoscimento dell’altro e del diverso, della conoscenza dei germi dei conflitti (spesso economici) e di ciò che li alimenta (il mercato delle armi). Essere qui equivale ad imparare dagli studenti e portarsi dietro il bagaglio di idee ed espressioni, un avere più che dare. Dietro, attorno, sotto al termine “pace” c’è un mondo ben descritto nei disegni e nelle rappresentazioni artistiche di queste scuole: c’è il diritto all’informazione di pace quindi al “racconto” più puntuale possibile di ciò che accade nelle aree di guerra e ci sono le “regole del dialogo”, il rispetto dei diritti umani ma anche della povertà, della speranza. Spesso, o forse sempre, per parlare di pace è necessario illustrare la guerra, per sottolineare l’esigenza di uguaglianza e solidarietà è indispensabile descrivere come vengono alzati i muri, come si consumano le ingiustizie e qual è il volto delle vittime. Ed è esattamente quello che hanno fatto le centinaia di studenti arrivati qui ad Assisi, a spiegarci il concetto di pace a parole semplici, comprensibili anche per noi adulti. Grazie Assisi. A presto.