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Egitto, consulente caso Regeni accusato di terrorismo. L’attivista Ahmed Abdallah rischia la pena di morte

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L’accusa è di quelle che in Egitto si ‘pagano’ con la pena di morte. Terrorismo. Ma l’unica vera ‘colpa’ di Ahmed Abdallah, consulente della famiglia di Giulio Regeni e presidente della ong per i diritti umani ‘Commissione egiziana per i diritti e le libertà’, è quella di aver sempre difeso lo stato di diritto e di combattere le disuguaglianze sociali, politiche ed economiche in Egitto.
L’attivista, poco più che trentenne, è stato prelevato dalle forze di sicurezza egiziane nella notte tra il 24 e il 25 aprile nella sua abitazione ed è accusato di istigazione alla violenza per rovesciare il governo, adesione a un gruppo terroristico e promozione del ‘terrorismo.

A confermarlo attraverso una nota, dopo ore di notizie arrivate con il contagocce e senza possibilità di risconto, Amnesty International. L’organizzazione per i diritti umani ha spiegato che ieri, 25 aprile, giorno in cui si celebrava il ritiro nel 1982 di Israele dalla penisola del Sinai, insieme al presidente della ong coinvolto nel caso Regeni, sono state arrestate in varie città dell’Egitto almeno 238 persone. In precedenza altre 90 erano state sottoposte a fermo giudiziario fra il 21 e il 24 aprile con varie accuse, tra cui reati contro la sicurezza nazionale e violazioni della legge antiterrorismo e della legge sulle proteste. Fra questi anche la nota attivista Sanaa Seif e gli avvocati Malek Adly e  Haytham Mohammedein, quest’ultimo anche portavoce del Movimento rivoluzionario socialista.
Abdallah e gli altri attivisti sono finiti in manette prima della manifestazione che si è svolta nella capitale egiziana per protestare contro la cessione di due isole del Mar Rosso, Tiran e Sanafir, all’Arabia Saudita. Secondo media locali è stato prelevato alle tre del mattino dalle forze speciali della polizia, arrivate al suo appartamento a bordo di quattro van. Gli agenti hanno fatto irruzione nell’abitazione, confiscandogli il portatile e il cellulare.
Abdallah è poi stato trasferito alla caserma di polizia di New Cairo e successivamente nella sede della procura di Cairo est, firmataria dell’ordine di arresto.

La famiglia Regeni, attraverso l’avvocato Alessandra Ballerini, si è detta “angosciata” per l’arresto in Egitto del presidente di Ecrf che sta offrendo attività di consulenza ai loro legali”.
Claudio e Paola Regeni attraverso un comunicato ha espresso “preoccupazione per la recente ondata di arresti in Egitto ai danni di attivisti per i diritti umani, avvocati e giornalisti anche direttamente coinvolti nella ricerca della verita’ circa il sequestro, le torture e l’uccisione di Giulio”.
Nelle ore in cui si registra la nuova escalation di repressione e arresti in Egitto,  il Regno Unito conferma il sostegno all’Italia nella ricerca della verità sulla fine del ricercatore friulano partito per le sue ricerche nel paese africano proprio da un’università britannica, Cambridge.
Il ministero degli Esteri, il Foreign and Commonwealth Office, ha reso noto che il governo ha esortato l’Egitto a considerare “ogni possibile scenario” per quanto riguarda l’assassino di Giulio Regeni, compreso che dietro la sua morte ci siano le agenzie di sicurezza del Paese.

Il FCO ha risposto a una petizione che chiede al governo del Regno Unito di garantire che venga effettuata un’inchiesta completa sulla morte del nostro connazionale.
La petizione ha superato il numero minimo di firme necessarie per ottenere una risposta del governo che ha inviato una risposta scritta ai promotori dell’iniziativa. Il FCO nel testo ribadisce che l’UK ha sollevato la questione dell’omicidio di Regeni in diverse occasioni con le autorità egiziane chiedendo un’indagine completa e trasparente e la piena cooperazione con gli investigatori italiani. In particolare si fa riferimento a un incontro con l’ambasciatore egiziano a Londra e con alti funzionari del ministero degli Esteri egiziano.
Insomma il Regno Unito, che si è detto consapevole delle accuse di responsabilità dell’omicidio di Regeni rivolte alle forze di sicurezza, si è detto fermo nell’esortare le autorità egiziane a prendere in considerazione ogni possibile scenario, compreso quello dell’omicidio per mano di apparati di Stato.


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