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Don Luigi Ciotti: “Intervista inquietante, il figlio di Totò Riina usa dei codici mafiosi”

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“Sono stato condannato a morte per due volte da Totò Riina e credo che non ci siano parole rispetto a tutto questo. Vedere la pubblicità che è stata fatta al suo libro credo che umili la storia di tante persone. Spero non succeda più…” Così Don Luigi Ciotti che abbiamo intervistato all’indomani della puntata di “Porta a Porta” con Riina junior…

Cosa pensa dell’intervista a Porta a Porta di Salvo, figlio di Totò Riina?
Per me è inquietante, perché in quell’intervista lui usa dei codici mafiosi. Riferendosi ai pentiti che stanno collaborando con la giustizia , quando dà dell’infame a chi sta collaborando per la ricerca della verità e della giustizia, lancia un segnale molto molto pericoloso. Per me è importante alzare il tono della voce perché in Libera aderiscono migliaia di famigliari di vittime innocenti delle mafie, a cui sono stati strappati gli affetti, e il 70% di loro non conosce la verità. Abbiamo bisogno di verità non di enfasi su storie che hanno fatto soffrire il nostro paese.

Lei stesso è stato minacciato di morte dal padre, come vive queste parole dette in tv?
Sono stato condannato a morte per due volte da Totò Riina e credo che non ci siano parole rispetto a tutto questo. Vedere la pubblicità che è stata fatta al suo libro credo che umili la storia di tante persone. Spero non succeda più.
Questo è però un episodio, che riguarda una trasmissione, perché devo dare atto alla Rai di essere al nostro fianco, ad esempio per il 21 di marzo ha prestato davvero grande attenzione, perché ha mobilitato tutte le sue forze, per dare dignità alla giornata della memoria e dell’impegno, sia a livello regionale che nazionale e questo è importante dirlo quando le cose vengono fatte bene.

A chi non è coinvolto direttamente o è troppo giovane per aver vissuto il periodo terribile delle stragi ordinate da Totò Riina, come si fa ad insegnare cosa è la mafia e il valore dell’antimafia?
Basta guardare in faccia ed ascoltare i famigliari delle vittime, perché se non si ascoltano le loro storie, la loro vita, non si riuscirà mai a conoscere che cosa vuole dire la corruzione, la legalità, l’evasione fiscale, i giochi criminali.
Le mafie vivono tra noi, sono in mezzo a noi, crescono con noi, non possiamo concedergli le passerelle televisive.

La mafia si combatte in ogni luogo, nei tribunali, ma anche a scuola, sui giornali, in televisione. Cosa serve per essere efficaci nel predicare la legalità?
Non e’ possibile che da 400 anni parliamo di Camorra, da 150 parliamo di Cosa nostra, da 120 anni parliamo di ‘ndrangheta. Dobbiamo porci delle domande. Dobbiamo fare un salto di qualità culturale, é necessario che la società si risvegli, che non deleghi solo a forze dell’ordine e magistrati”.

Libera è statala prima a denunciare in Emilia Romagna il radicamento della ‘ndrangheta con il dossier “Mosaico delle Mafie”, da lì è nata l’inchiesta e poi il processo Aemilia, il più grande processo di mafia in tutto il nord Italia. Questo vi dà soddisfazione?
C’è soddisfazione quando fra le vie di Bologna oltre 200 mila italiani hanno marciato con Libera per dire da che parte si sta, c’è soddisfazione perché quest’anno migliaia di persone hanno marciato a Messina per dire da che parte si sta. C’è soddisfazione quando l’associazione Libera ha scelto di costituirsi parte civile nei processi. Oggi lo fanno in tanti per non lasciar soli i parenti delle vittime, per non lasciar soli i magistrati, per dare un segnale forte da che parte si sta.

In questi giorni Santo Della Volpe avrebbe compiuto 61 anni. Quanto le manca?
Moltissimo. Ci è mancato sulla piazza di Messina per le dirette nella giornata della memoria e dell’impegno perché le gestiva sempre lui. E li lo abbiamo ricordato e lo abbiamo sentito vicino. A me sembrava in quelle dirette della televisione, con quelle migliaia di giovani che marciavano a continuare a parlare ci fosse Santo Della Volpe.


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