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Chernobyl dopo 30 anni fa ancora paura e vittime

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Continua lo smantellamento dell’impianto, ancora incerto il conto delle migliaia di morti

Un boato, poi la paura. ll reattore numero 4 esplose alle ore 1.23 del 26 aprile 1986 presso la centrale nucleare V.I. Lenin, situata in Ucraina settentrionale (all’epoca parte dell’URSS), a 3 km dalla città di Pryp’jat’ e 18 km da quella di Chernbobyl, 16 km a sud del confine con la Bielorussia. Fu il disastro che cambiò la storia, il primo incidente nucleare ad essere stato classificato come livello 7, il massimo livello della scala INES degli incidenti nucleari. 4000 mila morti secondo le stime dell’Onu ( 65 decessi certi, il resto vittime di tumori e leucemie ’collegabili’), ma gli ambientalisti parlano di centinaia di migliaia di malati e decine di migliaia di morti.

QUOTIDIANO NUCLEARE. Trenta anni dopo il più grave incidente nucleare della storia, migliaia di lavoratori continuano a recarsi ogni giorno alla centrale di Chernobyl, protagonista della catastrofe che obbligò a evacuare centinaia di migliaia di persone e contaminò ampie zone dell’Ucraina e dei Paesi vicini. “Ci sono 1.500 lavoratori nello stabilimento che si occupano del programma di smantellamento dell’impianto e altri mille o 2mila a contratto che lavorano per il consorzio internazionale che costruisce il nuovo sarcofago per il reattore 4”, spiega a Efe Anton Pobor, del dipartimento di cooperazione internazionale della centrale.

APPARENTE NORMALITA’. Situata 120 chilometri a nord della capitale ucraina Kiev, e vicino alla frontiera con la Bielorussia, la centrale segue un’apparente normalità, con impiegati che passano attraverso i tornelli di ingresso e avvisi sindacali attaccati alle pareti, ma il dosimetro per radiazioni che tutti portano al collo riporta alla realtà. Come pure alcuni annunci sulle collette perché molti ex impiegati colpiti dalle radiazioni possano affrontare le cure mediche. E il fatto che la normalità sia solo apparente si avverte anche all’uscita dalla centrale, dal momento che tutti i lavoratori o i visitatori devono passare attraverso un misuratore di radiazioni, che segnalano se sono “puliti” o “contaminati”.

SMANTELLAMENTO DEFINITIVO. Tunica e cappuccio bianchi sono l’uniforme obbligatoria per chiunque entri nella centrale, impiegati e visitatori, e all’ingresso bisogna firmare una dichiarazione in cui si garantisce che non si toccherà nessun bottone. Si lavora allo smantellamento definitivo dei reattori 1, 2 e 3, che restarono funzionanti dopo la catastrofe del 26 aprile del 1986 e furono fermati negli anni successivi fino a smettere di operare nel 2000. “Nel 2015 cominciò una seconda fase del programma, per lo stop totale dell’impianto e la conservazione delle unità. Si tratta di garantire l’immagazzinamento sicuro del combustibile nucleare e di tutto il materiale radioattivo contenuto nei reattori”, spiega Pobor.

FIGURE BIANCHE. Attraverso i corridoi di oltre 600 metri di lunghezza all’interno dell’impianto si muovono silenziose figure vestite di bianco immerse nei loro incarichi quotidiani, sia nelle sale di controllo, sia in quelle dei computer o delle turbine. Nella sala di controllo del reattore numero 2, diversi ingegneri lavorano in un groviglio di pulsanti, leve e pannelli e all’interno bevono the e fumano. In fondo a uno dei lunghi corridoi c’è una piccola porta: “da qui si entra nel blocco numero quattro”, mostra Anton Pobor, proseguendo avanti.

IL SECONDO SARCOFAGO. A diverse centinaia di metri dall’edificio principale, un gigantesco cantiere accoglie la costruzione del secondo sarcofago, il grande arco di acciaio, piombo e altri materiali che dovrà garantire che il reattore 4 non emetta radiazioni per almeno un secolo. Il nuovo sarcofago dovrà sostituire la prima copertura, un gigantesco cubo di cemento che era stato terminato circa sette mesi dopo la catastrofe. “Il primo sarcofago sta per terminare la sua vita utile, che era di 30 anni, per questo è urgente costruire una nuova protezione”, ha spiegato Yulia Marusich, specialista del dipartimento internazionale di Chernobyl.

STRUTTURA GIGANTE. Centinaia di lavoratori e specialisti circolano intorno alla zona di costruzione del sarcofago. Sono stati assunti dal consorzio internazionale Novarka responsabile del progetto. “L’intera area di costruzione è stata accuratamente decontaminata prima di iniziare, per evitare rischi al personale. Tuttavia, la radiazione qui è circa 20 volte superiore rispetto a Kiev”, ha spiegato Yulia. Il nuovo sarcofago è una struttura gigante a forma di arco, costruito in due metà che ora sono unite in una sola struttura di 108 metri di altezza, 150 di larghezza e 256 di profondità. “Pesa oltre 30mila tonnellate e tutto è interconnesso con 650mila viti”, ha spiegato la specialista.

IL VECCHIO REATTORE. Secondo i piani, entro la fine di quest’anno, l’arco sarà completato e collocato sulla vecchia copertura del reattore 4. Dopo un anno,  inizierà ad operare questo secondo sarcofago, e nel 2023 si prevede di completare la distruzione della vecchia struttura, il compito più difficile di tutto il progetto in quanto si tratta di lavorare all’interno del reattore. lapresse.it

Da sanfrancesco
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