Bufera in Italia sulla Tv pubblica, dopo l’intervista – trasmessa ieri sera su Rai Uno nel programma “Porta a Porta”, condotto dal giornalista Bruno Vespa – al detenuto per reati di mafia, in libertà vigilata, Salvo Riina, figlio del più noto criminale, capo di Cosa nostra, Totò, condannato a svariati ergastoli. A lui Salvo ha dedicato il libro “Toto Riina, mio padre, era il mio eroe”. Le polemiche accese sulla stampa e le tante voci contrarie non hanno convinto i vertici della Rai a sospendere la messa in onda dell’intervista preregistrata. “Una scelta scellerata”, ha commentato la Federazione nazionale della Stampa italiana. Roberta Gisotti ha intervistato il presidente Giuseppe Giulietti
“Noi non abbiamo chiesto, ovviamente, di non mandare in onda, di censurare o di cancellare… Ma non si vede la necessità di questa intervista. Qui non siamo in presenza di un scoop, di un’intervista riservata ad un capo mafia che svela chissà quali retroscena, ma di un detenuto in libertà vigilata e di un libro che è stato pubblicato e che si può comprare; non c’è nessun retroscena. Si inserisce in una campagna per la riabilitazione di alcuni vecchi capi mafia e l’abrogazione dell’art. 416 bis del Codice penale. A questo punto viene presentata come un’esclusiva. Non si capisce il senso. Posso dire che trovo ancora più grave che questa sera si faccia una puntata con la cosiddetta “antimafia”. Ma che significa? La par condicio tra il punto di vista della mafia e dell’antimafia? Mi pare pericoloso che si possa instillare questo sospetto e la vastità delle reazioni, anche istituzionali, fa capire che non si tratta di una presa di posizione della Federazione nazionale della stampa, ma di un ‘nervo scoperto’ che è stato toccato e che ha offeso milioni di italiani”.
Forse per questo i vertici della Rai sono stati convocati oggi dalla Commissione antimafia, mentre la Vigilanza ascolterà a breve il direttore di rete, Andrea Fabiani. E, si prevede un atto di indirizzo sugli ospiti. Ma può servire ricorrere a manuali di altri tempi piuttosto che ricordare la deontologia dei giornalisti e la missione della Rai?
“La penso assolutamente come lei. Non credo molto ai Codici, non credo alla via disciplinare al giornalismo. Certe cose non vanno fatte perché non rientrano nello statuto del servizio pubblico e non dovrebbero rientrare nemmeno nella deontologia. Non servono Codici. Se dovesse essere assunto un provvedimento disciplinare anche contro Vespa, personalmente io non sarei favorevole perché il problema non è cosa si espelle. La domanda che si dovrebbe porre è questa: a cosa è servita questa puntata? Che cosa ha aggiunto, e soprattutto: come mai non si aprono mai queste piazze mediatiche per esempio, ai tanti cronisti minacciati, ai tanti sacerdoti in lotta contro le mafie e le camorre? Come mai costoro hanno meno spazio di alcuni di questi protagonisti e dei volti peggiori della cronaca nera italiana? Questa è la grande questione! Non tanto chi cacciare, ma quante voci dovrebbero essere aggiunte, quale sostegno dare alle vittime della mafia e della camorra in questo Paese. Anche il Papa ha parlato di questi temi, ha scomunicato i mafiosi in un modo durissimo. Insomma, stiamo parlando di una questione delicatissima in questo Paese, altro che fare o non fare un’intervista. Tra l’altro molto più dura di noi questa mattina è stata la presidente della Rai Monica Maggioni su L’Avvenire. Mi attendo che sia il Consiglio di amministrazione della Rai a riunirsi e a discutere, non la politica ad assumere provvedimenti nei confronti di questo o quel giornalista”.
Questo caso può servire a sensibilizzare sulla reale missione di una Tv di Stato?
“Me lo auguro, perché questo dibattito per ora è totalmente assente. Si dibatte sempre su chi prenderà il potere, sul ruolo dell’amministratore delegato, sul controllo da parte dei governi. Si discute solo del controllo ed è stata abrogata la discussione sul futuro e la missione del servizio pubblico perché una parte, anche della politica e non solo, ritiene che vada eliminato il concetto di servizio pubblico e tutto vada privatizzato integralmente. Tra qualche settimana si aprirà la discussioni sul rinnovo della concessione alla Rai della convenzione che lega lo Stato alla Rai. Mi auguro che finalmente esistano movimenti e associazioni che dicano: “Non vogliamo sapere chi comanda ma che cosa deve fare il servizio pubblico”. Pongo una sola questione: deve illuminare di più o di meno le periferie del mondo? Deve spostare i riflettori verso i luoghi che non si vedono o continuare a celebrare le oligarchie qualunque esse siano? Questa è una grande questione. Noi sappiamo tutto dei minuti dei partiti in Tv, ma manca un osservatorio che rilevi quali sono i temi trattati oggi nella Tv pubblica e quali soggetti sociali, nel mondo, in Europa, in Italia hanno accesso alla comunicazione pubblica. Mi piacerebbe una grande iniziativa comune su questi temi, per spostare i riflettori verso quello che non si vede”.