Eravamo abituati a veder sciogliere per infiltrazione mafiose i comuni in Sicilia, Calabria, Puglia e Campania, poi era arrivato Bardonecchia in Piemonte e tanti altri in Regioni del Nord mentre gli studiosi che, come chi scrive, insegnavano al Nord ma venivano dal Sud dovevano rendersi conto che, nella parte settentrionale della penisola, le associazioni mafiose erano diventate potenti e attive nelle politiche locali e regionali ma l’Emilia Romagna sembrava intatta o per lo meno poco toccata dal male italiano.
Ora dobbiamo constatare che, dopo trent’anni di amministrazioni virtuose tenute da una famiglia passata senza scosse dal Pci e Pal psi al Pd come i Coffrini, prima padre Emes (PCI) e quindi figlio Marcello (PD) sembrava che tutto andasse per il giusto verso.Ora il Consiglio dei ministri con una relazione, subito segretata, scioglie il comune per infiltrazioni mafiose e manda a casa il sindaco Marcello. “Sono sicuro del mio operato e di quello tenuto da mio padre Ermes” è stata la sua dichiarazione di commiato.
Eppure le polemiche politiche erano già arrivate per i giudizi espressi dai sindaci a livello locale e regionale su Francesco Grande Aracri di Cutro. Nicolino il più famoso dei fratelli del patriarca,è stato considerato il punto di riferimento della ndrina reggiana sgominata di recente dalla inchiesta Aemilia della Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna.
Torniamo a Brescello paese nel quale nel ’92 ha luogo l’assassinio di Giuseppe Ruggiero,freddato nella guerra tra le cosche della ‘ndrangheta. A quei tempi era sindaco del paese Ermes Coffrini che rimane al suo posto fino al 2004 e quell’anno lascia il posto a Giuseppe Vezzani del PD ma la dinastia Coffrini non è finita e Marcello, figlio di Ermes, diventa assessore all’Urbanistica e rimane per dieci anni in quell’importante assessorato. Li avrebbe favorito, secondo voci emerse nel paese, uomini vicini al patriarca della famiglia calabrese Grande Aracri.
Nel 2014 Marcello diventa sindaco di Brescello ma è un’esperienza breve perché a settembre di quello stesso anno arriva la vicenda dell’intervista su Francesco Grande Aracri già condannato per mafia e i riflettori dei media si accendono sul paese. Nel 2003 il sindaco Ermes aveva detto del patriarca calabrese: “A noi non risulta nulla. Qui si è sempre comportato bene,ha fatto anche dei lavori a casa mia e si è visto assegnare dei lavori dal Comune. In quello stesso anno un barista brescellese racconta di esser stato minacciato per il pizzo e d che hanno chiuso le serrande dell’esercizio scrivendo fuori “chiuso per mafia” Ermes scrive a sua volta preannunciando cause per tutelare il nome del comune e revocare la licenza al barista.
Ma, pochi giorni prima della notizia dello scioglimento, era venuto anche a galla che nel lontano 2202 (e sino al 2006) Francesco Grande Aracri e vari suoi fratelli e figli (ma non Nicolino) erano stati difesi davanti al Tar di Catanzaro proprio dall’avvocato-sindaco Ermes Coffrini.” Se viene un signore e ha bisogno-dice l’avvocato- io non gli chiedo il certificato penale. Io tutelo un diritto particolare. Altrimenti qui un avvocato non deve più tutelare un eventuale mafioso o un medico curarlo se è ammalato” ha spiegato Ermes Coffrini alla Gazzetta di Reggio Emilia.
E il partito democratico dove era?Marcello Coffrini,sindaco di Brescello, nel settembre 2014, definisce Francesco Grande Aracri uno “molto composto, educato,che ha sempre vissuto a basso livello”. Il PD non ne chiede le dimissioni. Convoca Marcello Coffrini e lo sgrida ma lo lascia al suo posto. Anche perché – dicono subito a Brescello – Coffrini non risultava iscritto al partito. Un anno e mezzo dopo Beppe Grillo stretto dalle polemiche emerse sul caso della sindaca Cinque Stelle di Quarto in Liguria e finalmente il pd emiliano-dopo che il prefetto aveva mandato una commissione di accesso per valutare la possibilità dello scioglimento del comune- impone ai consiglieri comunali di togliere la fiducia al sindaco che è costretto a dimettersi.
E così si è arrivati per la prima volta nella Regione emiliana a prender atto che le associazioni mafiose sono arrivate e contano spesso nelle stanze del potere locale (oltre che nazionale: del resto più di cento amministratori del maggior partito presente in parlamento sono stati già rinviati a giudizio per reati compiuti da associazioni mafiose legate anche a loro.