A chi continua ad asserire che la Scuola di Legalità “don Peppe Diana” di Roma e del Molise percepisce soldi pubblici e contributi dei suoi membri rispondiamo con questo articolo. In questi vent’anni di nostro impegno civico abbiamo assistito a situazioni stupefacenti con non pochi soggetti ed associazioni che apparivano ed appaiono come intoccabili, benefattori e filantropi della società civile, e che poi invece si sono comportati come mafiosi. L’antimafia è un grimaldello che ormai viene adottato da parecchie entità e che non di rado nasconde anche reati di notevole allarme sociale. C’è stata una particolare rincorsa all’attribuzione del carattere di antimafia, all’auto-attribuzione o alla reciproca attribuzione di patenti di antimafiosità a persone, gruppi e associazioni che con l’antimafia nulla avevano e hanno a che vedere. In tutti questi casi l’antimafia di facciata è servita a scalare posizioni sociali e fare carriera in ogni settore.
Antimafia per chi scrive significa rispettare le leggi e fare semplicemente il proprio dovere: tutto il resto è scenografia. La vera antimafia è un fatto di coscienza civile e di moralità. Il cammino da percorrere è tracciato dai tanti “eroi” che hanno sacrificato la loro vita nella lotta alle mafie. Per cui dobbiamo essere onorati di aver avuto personalità come Falcone e Borsellino in questo Paese e abbiamo il dovere di erigerli ad esempio per tutti, soprattutto per i tanti giovani che hanno necessità di avere esempi credibili. Il problema vero è che dopo di loro e sulla via della loro morte, hanno camminato tanti sciacalli che si sono fatti forti persino di pseudo rapporti con loro, che poi in realtà neanche avevano. Sono stati tanti i politici di ieri che si sono riciclati nell’antimafia di oggi. Erano questi, i veri professionisti dell’antimafia cui faceva riferimento Sciascia in un suo articolo di molti anni fa. Cosa si può fare dunque per creare uno spartiacque tra veri e falsi paladini dell’antimafia? Togliere i finanziamenti di qualsiasi tipo. Eliminiamo tutti i contributi per un’attività che deve essere un dovere costituzionale per i cittadini onesti. Facciamo che i politici siano amministratori onesti e magari anche antimafiosi non a chiacchiere ma con i fatti concreti. Facciamo in modo che chiunque nel proprio ruolo senta il dovere e la soddisfazione di prendere posizione sul tema senza essere foraggiato da contributi aggiunti. Proviamoci e vediamo chi rimarrebbe in campo e chi no!
*Giurista e docente di diritto penale