A sostegno di Nuzzi e Fittipaldi. Articolo21 in presidio davanti al tribunale vaticano

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Il  prossimo 6 aprile, presso il Tribunale vaticano, si terrà una nuova udienza del processo che vede imputati, tra gli altri, anche due giornalisti, Gianluigi Nuzzi, del Giornale, ed Emiliano Fittipaldi dell’Espresso. Sul loro capo pende un’accusa pesante, la violazione del segreto di stato, che prevede una pena fino a otto anni di carcere da scontare, in caso di condanna, nelle carceri italiane in base alle intese bilaterali stabilite dai Patti Lateranensi.  Il 6 aprile, fra l’altro è previsto l’interrogatorio di tre dei cinque imputati e quindi probabilmente anche di almeno uno di loro.

Si tratta di una iniziativa clamorosa e con pochi precedenti, che si inserisce in una più generale offensiva contro il diritto di cronaca e contro il diritto/dovere di informare e il diritto dei cittadini ad essere informati e mette in questione la stessa sovranità nazionale. La loro vera colpa è di aver scritto Avarizia e Via Crucis, due libri coerenti con la deontologia della professione. Secondo i principi fondamentali della categoria, ribadito da numerose sentenze della Corte europea e della stessa Corte di Cassazione, i due cronisti avevano il dovere di dare notizie che hanno quel requisito di “rilevanza sociale e di pubblico interesse” e che, peraltro, giorno dopo giorno si dimostrano talmente fondate da vedere aperto un fascicolo presso la stessa procura vaticana in particolare sui fatti ricostruiti da Fittipaldi in merito alla gestione dei fondi dell’Ospedale Bambin Gesù.

Per questi motivi mercoledì 6 aprile a partire dalle 10 Articolo 21 sarà in presidio all’ingresso dell’aula del tribunale vaticano, lungo le mura vaticane fuori dalla Porta del Perugino, per dare tutto l’appoggio a Nuzzi e Fittipaldi: chiediamo che la Procura vaticana ritiri immediatamente le accuse nei loro confronti; e sin da ora chiediamo che il governo italiano faccia sentire la sua voce su una vicenda che vede chiaramente in pericolo l’articolo 21 della nostra Costituzione repubblicana, anche convocando il proprio ambasciatore presso la Santa Sede per consultazioni.


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