Vendola diventa padre “putativo” del figlio del compagno e deflagra nuovamente la questione della maternità surrogata. C’è un problema – etico – del ruolo della donna che porta in grembo un bimbo e poi lo dà a chi lo ha programmato. Difficile prendere una posizione netta, favorevole o contraria, a questa soluzione, perché le sfumature variano troppo da caso a caso. Nulla da dire – per esempio – se la maternità surrogata è un dono di una parente o amica a una donna sterile. Mentre la retribuzione di una sconosciuta complica decisamente il quadro. Con una casistica che va da un compenso legale di donne consapevoli, discutibile, ma trasparente; allo sfruttamento di donne povere nelle aree più sottosviluppate del mondo, del tutto inaccettabile.
Una cosa è certa: non è con un divieto-rimozione, come accade spesso in Italia, che si risolve una questione così delicata. Perché rendere reato una pratica possibile e ricercata, significa solo alzare una barriera di censo, che i ricchi superano con un viaggio nei paesi dove è legale (com’è successo con la pessima legge 40 che ha creato un vero e proprio turismo della fecondità assistita o il divieto di fine vita volontario, che alimenta le cliniche svizzere).
Sarebbe comunque utile regolare la maternità surrogata anche in Italia. Ma ancora meglio sarebbe promuovere l’adozione – semplificando al massimo tempi e costi – soprattutto in ambito internazionale. Perché ci sono ancora orfanotrofi – a due ore di aereo – pieni di bambini abbandonati e sottratti da una burocrazia assurda all’affetto di nuovi genitori.
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