BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Una verità di comodo per il delitto Regeni

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A notte fonda, qualche ora fa, il Ministero dell’Interno egiziano ha emanato un comunicato in cui il governo del Cairo mostra tre fotografie che ritraggono il  passaporto, una carta di credito e i badge del ricercatore italiano Giulio Regeni rapito il 25 gennaio scorso, a lungo torturato e poi assassinato da mani sicuramente esperte. Gli oggetti sarebbero stati ritrovati in una bandiera rossa con la bandiera dell’Italia all’interno dell’abitazione dei Mabroka Ahmeda Afifi, 48 anni, sorella di Rasha Saada Abdel Fatah, 34 anni,  uno dei  quattro banditi uccisi dalle forze di sicurezza egiziane durante un conflitto a fuoco.

Gli investigatori egiziani sarebbero arrivati all’abitazione della donna perché le indagini avevano dimostrato che Regeni andava di tanto in tanto nell’abitazione di lei”.  Nella sua abitazione si sarebbero ritrovati anche due cellulari, un portafogli femminile con 5mila sterline egiziane,un pezzetto di materiale scuro che potrebbe essere hashish e un orologio.” Fino a questo punto l’indagine egiziana che si chiude qui dopo che ieri il presidente egiziano Al Sisi aveva promesso di voler arrivare alla verità e di voler punire i criminali autori del delitto.

 

E’ difficile peraltro credere a una storia come quella diffusa stanotte dal governo egiziano e c’è da sperare che il governo italiano non ci creda e metta in opera  le azioni necessarie per scoprire come sono andate effettivamente le cose. Si  sa infatti  che Regeni era in contatto con i sindacati egiziani contrari al governo autoritario di Al Sisi e in un Paese in cui non esiste una stampa libera e neppure un parlamento in grado di far sentire la propria voce è impossibile credere a questa ultima e inedita versione della morte del giovane ricercatore.  C’è da sperare che, per quanto il nostro Paese attraversi un momento tutt’altro che facile e la sua transizione si muova a tentoni alla ricerca di soluzioni politiche  migliori ancora lontane non ci si rassegni all’ultima versione egiziana e si faccia luce con i mezzi indispensabili verso una verità più credibile, in grado di fa capire come e perché Regeni sia stato prima torturato e poi ucciso in un Paese che è alleato con l’Europa nella guerra contro i terroristi islamici.


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