Il Congresso Ucsi riunito a Matera dal 3 al 7 marzo scorso ha eletto i nuovi dirigenti nazionali per i prossimi 4 anni. Per la prima volta dal 1959, anno di nascita dell’Unione, è stata indicata come Presidente una donna, Vania De Luca (nella foto), vaticanista di Rainews24. Vicepresidenti sono Donatella Trotta del Mattino di Napoli e Antonello Riccelli di Telegranducato; mentre segretario è Maurizio Di Schino di Tv2000, e tesoriere Alberto Lazzarini, il Resto del Carlino. Pubblichiamo la riflessione inviataci dalla neo presidente Vania De Luca, a cui facciamo i migliori auguri.
UCSI è una sigla antica, forte di quasi 60 anni di storia e rispondente a un’intuizione di Paolo VI per cui ogni aspetto della vita dei laici credenti potesse trovare una forma organizzata. Significativo l’aggettivo “cattolica”, che non viene attribuito alla parola “stampa” ma alla parola “Unione”. L’UCSI non aggrega infatti la stampa cattolica, ma i giornalisti e i comunicatori che ne fanno parte lavorano tanto in testate cattoliche quanto in testate laiche, essendo l’adesione una scelta personale. Ci sono stati tempi in cui l’aggettivo “cattolico” ha suscitato in qualcuno la tentazione del recinto (non è mai stato il caso dell’UCSI, per fortuna), mentre nel significato di questa parola c’è il respiro dell’universalità, in una naturale predisposizione al dialogo, all’incontro, al confronto, all’inclusione, alla conciliazione con tutto ciò che è pubblico e che dentro una società pluralista può aiutare a costruire quel bene comune che sembra stiamo smarrendo, e di cui si sente particolarmente bisogno in questi nostri tempi.
L’essere la prima donna ai vertici dell’UCSI è certamente un segno di novità, ma non credo che questo rappresenti in sé una rivoluzione. In continuità con il gruppo che ci ha preceduti, guidato da Andrea Melodia, si prosegue un cammino insieme, uomini e donne, sperando che possano essere utili uno sguardo femminile sulla realtà e una parola ad esso conseguente, potenziale ricchezza per tutti.
Credo che chiunque abbia ruoli di responsabilità dovrebbe fare propria l’indicazione che avviare processi nel tempo è più importante che occupare spazi. Me lo ripeto spesso. Dentro i processi c’è un prima e un dopo il nostro tempo presente che è quello che ci appartiene, ci sono i tempi lunghi, e non c’è solo l’io ma c’è inevitabilmente un “noi”. Da parte mia spero di dare il mio piccolo contributo per avviare processi positivi e inclusivi, soprattutto a vantaggio dei più giovani. Il nostro sarà un lavoro di squadra in cui valorizzare il meglio delle energie di ciascuno con l’attenzione a metterle armonicamente insieme. Tra gli obiettivi che ci siamo dati al Congresso di Matera, la costituzione di una Rete di giovani a livello nazionale, con una proposta mirata e coinvolgente a loro dedicata, e la prosecuzione della scuola di formazione titolata a Giancarlo Zizola per l’aggiornamento professionale.
Un contributo prezioso credo possa darlo il rilancio della proposta dell’osservatorio UCSI e di un comitato pubblico di osservazione mediatica per la vigilanza sulla correttezza dell’informazione e del sistema dei media in Italia. All’interno dell’osservatorio saranno centrali le iniziative di analisi e proposta sui valori pubblici della comunicazione, con particolare attenzione alla riforma della RAI in corso. Particolare attenzione andrà posta in vista del contratto di servizio e dell’annunciata consultazione pubblica, rispetto alla quale l’UCSI potrà avere un ruolo propulsivo.
Il messaggio di papa Francesco per la giornata delle comunicazioni sociali di quest’anno invita a coniugare comunicazione e misericordia, ricordando che la comunicazione crea ponti tra le persone, le famiglie, i gruppi sociali, i popoli. Favorisce l’incontro e l’inclusione, arricchisce la società. La comunicazione misericordiosa fa bene ai singoli e ai popoli: libera dalla guerra e dalla conflittualità permanente, guarisce la memoria ferita e costruisce pace e armonia. Una comunicazione misericordiosa non è buonista ma è giusta: nell’etimologia della parola Misericordia c’è l’avere a cuore i miseri, che sono i poveri e gli esclusi, ma sono anche quelli che vivono alle periferie delle città e del pianeta, sono le storie che nessuno racconta, i volti che nessuno guarda, le lacrime che nessuno asciuga, i diritti negati di cui nessuno si occupa. In fondo fa parte del nostro lavoro costruire ponti, incontrare persone e gruppi, rendere centro le periferie, portare luce dove è buio. Possiamo farlo, come giornalisti e comunicatori, facendoci presenti sia nell’ambiente fisico sia in quello digitale, esprimendo quella chiave laica della Misericordia che tante porte può aprire. Nello spazio pubblico, che è quello in cui ci muoviamo, vorremmo promuovere e valorizzare, anche dandogli visibilità, ciò che è umano, denunciando senza ambiguità ciò che è invece disumano.