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Turchia: blitz nella sede del quotidiano Zaman. Erdogan prova a zittire con la forza la stampa libera  

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Il blitz nella sede di Zaman delle forze di sicurezza turche è scattato nella notte. I poliziotti prima hanno usato idranti e lacrimogeni per farsi strada tra i lettori e gli attivisti che si erano radunati sotto la redazione del più diffuso giornale dell’opposizione, che il giorno prima era stato posto sotto amministrazione fiduciaria governativa da un tribunale di Istanbul, poi hanno fatto irruzione cacciando i dipendenti e i giornalisti della testata. Il quotidiano, ritenuto vicino a Fethullah Gulen, il più determinato oppositore del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, era stato più volte censurato e redattori ed editore erano costantemente sotto minaccia.

Il 9 novembre del 2015 era stato spiccato anche un mandato di arresto per Gulen e altri esponenti dell’opposizione, tra cui molti giornalisti, accusati di cospirazione. Questa notte l’epilogo. Gravissimo. Il governo turco ha sferrato l’attacco finale alla libertà d’informazione nel suo paese. Non ci sono dubbi al riguardo. La settimana scorsa era toccato all’emittente televisiva IMCTV, unico canale nazionale a riportare un punto di vista non ufficiale sulle operazioni militari e il coprifuoco nel sud-est del paese. Chiusa, senza alcuna possibilità di ripresa delle trasmissioni.

Ieri l’annuncio dell’assunzione del controllo da parte del governo di Zaman, come era già accaduto pochi mesi prima al gruppo editoriale Koza Ipek, anche in quel caso costretto a un’amministrazione fiduciaria su decisione di un tribunale compiacente.Questa notte, davanti alle resistenze della redazione dell’ultimo giornale finito nel mirino di Erdogan, l’azione di forza. Di una violenza inaccettabile. Il blitz della polizia segue la decisione della sesta corte penale di Istanbul che ha sentenziato il commissariamento del gruppo editoriale Feza Gazetecilik, che controlla il quotidiano. Gli agenti si sono fatti strada con la forza, riuscendo a disperdere i manifestanti che erano accorsi dinnanzi alla sede della testata. Una volta forzato il cancello principale, hanno scortato all’interno il personale incaricato di svolgere le funzioni di commissariamento e costretto i dipendenti del quotidiano a lasciare l’edificio.

L’editore di Feza Gazetecilik è legato all’imam Fethullah Gulen, principale rivale di Erdogan che in passato era stato tra i suoi più fedeli alleati. Accusato di svolgere propaganda terroristica a favore del cosiddetto “Stato parallelo”, ovvero la rete che secondo i vertici di Ankara sarebbe stata creata dal Movimento Hizmet per svolgere attività sovversive in Turchia, Gulen ha sempre respinto le accuse. L’autorità religiosa non ha esitato a denunciare che il recente giro di vite della autorità turche sia solo un pretesto dell’Akp e del presidente Erdogan per giustificare il proprio autoritarismo.

Lo scorso novembre il tribunale di Istanbul aveva stilato una serie di imputazioni, un dossier di oltre 10.500 pagine, come riferisce l’agenzia di stampa Nova. Su 122 sospettati, 55 sono già stati arrestati.

Immediate sono arrivate le prime reazioni della comunità internazionale alla notizia del raid. Gli Stati uniti e l’Unione europea hanno espresso la loro preoccupazione per lo stato della libertà di espressione in Turchia e il commissario europeo all’Allargamento Johannes Hahn si è detto “estremamente turbato”.

“La democrazia continuerà e la voce dei media liberi non sarà zittita – ha dichiarato il direttore di Zaman Abdulhamit Bilici – anche se dovremo scrivere sui muri”. A dare supporto a Bilici e ai suoi giornalisti, nonostante il blitzi e le  barricate all’ingresso della sede di Zaman per impedire il ritorno dei sostenitori del quotidiano, saranno non solo i lettori e gli attivisti anti – Erdogan ma la maggioranza del popolo turco che non resterà indifferente a questa nuova ondata di repressione della libertà di informazione. E grazie all’era digitale non sarà necessario arrivare a scrivere sui muri.

Una petizione online è stata già lanciata da ‘Index on Censorship’ per chiedere al tribunale di Istanbul di rivedere la sentenza che ha posto sotto commissariamento il giornale e per chiedere al presidente turco Recep Tayyip Erdogan di mettere fine alla sua stretta sui media del paese.

Con l’appello, rilanciato da Change.org, i sottoscrittori chiedono alla comunità internazionale di prendere posizione contro i ripetuti tentativi della Turchia  di soffocare i media liberi e indipendenti. Tutti noi, attraverso i nostri articoli, post e commenti sui media, classici e alternativi, possiamo contribuire a dare forza a questo appello. Insieme impediremo a Erdogan di imbavagliare l’informazione libera. O quanto meno ci proveremo, come abbiamo sempre fatto e continueremo a fare. Sempre.


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