Di Pino Salerno
Diciamo la verità: che il libro “Un marziano a Roma” dell’ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, pubblicato da Feltrinelli e presentato mercoledì 30 marzo alla Sala stampa estera, potesse sollevare un vespaio di polemiche, era noto e atteso anche dall’ultimo dei sampietrini. Tuttavia, il punto sul quale si poteva scommettere, era l’interrogativo se la ricerca della verità sugli anni della sua sindacatura e sulle sue dimissioni, avesse fatto posto ad un’operazione ben congegnata di marketing editoriale. La verità di quanto accadde al Campidoglio tra l’estate del 2013 e l’autunno del 2015 è proprio ciò che si deve ai cittadini di Roma, e non solo, a tutti gli italiani. La verità su quei 28 mesi avrebbe spazzato via ogni sospetto su una eventuale, e astuta, operazione commerciale, anche perché viene detta appunto a ridosso del lancio del suo libro. Dopo la conferenza stampa, però, e purtroppo dopo il giro di Ignazio Marino tra interviste radiotrasmesse e talk show (annunciato nella serata di mercoledì un passaggio da Lilli Gruber), il sospetto non appare del tutto dissipato. E il sospetto che si tratti di un’operazione di merchandising riduce qualunque verità a mera occasione polemica.
La polemica con Causi e Guerini
Infatti, prima ancora che il libro fosse sugli scaffali delle librerie, e prima ancora della presentazione ai giornalisti esteri, le anticipazioni, mirate, dell’ufficio stampa dell’editore, riprese da tutti gli organi di stampa, avevano già sollevato polemiche e reazioni indignate. Le annunciate ricostruzioni di Ignazio Marino sugli ultimi giorni della sua giunta, puntavano l’indice in modo esplicito contro il deputato Marco Causi, chiamato come vicesindaco e assessore al Bilancio nell’estate del 2015, il quale avrebbe consigliato a Marino: “Tu lasci Roma, vai a Philadelphia, spegni il cellulare e diventi irreperibile per otto o dieci giorni. Così per irreperibilità del sindaco il governo dovrà nominare un commissario e sciogliere consiglio e giunta”. Questa frase è stata seccamente smentita dallo stesso Causi in una nota molto amara e indignata. E aggiunge la sua ricostruzione dei fatti: “Quando alla metà del mese di ottobre, con Alfonso Sabella, abbiamo consigliato a Ignazio Marino le dimissioni, un consiglio da lui accolto, salvo a ripensarci dopo venti giorni, abbiamo usato due argomenti. Primo, il probabile rinvio a giudizio non solo per peculato ma anche per falso. Secondo, il crollo della fiducia nella capacità dell’amministrazione da lui diretta di affrontare gli enormi problemi emersi dalle inchieste ‘mondo di mezzo’ e dalle altre emergenze della città, a partire dalle manutenzioni straordinarie e dall’organizzazione degli interventi giubilari. Argomenti politici quindi, e di opportunità”. Altra accusa, sempre rilanciata dalle anticipazioni sulla stampa, riguarda l’intervento pesante del vicesegretario Lorenzo Guerini che avrebbe preteso come vicesindaco un suo uomo, rimasto poi invischiato nella rete dell’inchiesta su Mafia Capitale. Anche Guerini ribadisce la sua versione dei fatti: “Essendo stato sindaco, mi sarei ben guardato dal mettere in discussione la sua autonomia e libertà di scelta. Infatti Marino sa molto bene come sono andate le cose. Tanto è vero che all’indomani della pubblicazione su un quotidiano della notizia di questo mio mai avvenuto intervento, ebbi con lui un scambio di opinioni di cui conservo memoria. Lo informavo della mia intenzione di smentire, ricevendo da Marino stesso non solo l’approvazione completa della mia decisione di replicare al quotidiano, ma anche i ringraziamenti per il sostegno dato in un momento di sua difficoltà. I fatti parlano chiaro. Pur avendo altre passioni letterarie, rimango in attesa di conoscere il contenuto esatto del libro ed eventualmente assumere ulteriori iniziative”. Insomma, sono queste solo due delle polemiche innescate dalle anticipazioni. Temiamo che altre polemiche si aggiungeranno molto presto. E le polemiche non hanno mai giovato alla ricerca della verità. Perché la verità su Roma è importante? Perché chiunque vincerà le prossime elezioni amministrative, dovrà inevitabilmente fare i conti con la ricostruzione di Roma a partire proprio dalla verità sui 28 mesi della giunta guidata Marino. E sulla sua fine.
L’analisi di Fassina: Il Pd non è più interlocutore affidabile per la rinascita di Roma
Non è un caso che Stefano Fassina, candidato della Sinistra di Roma, sollecitato di un parere su Ignazio Marino nell’ambito della trasmissione Coffee Break su la7 abbia puntato l’analisi proprio sui rapporti tra il Pd e l’ex sindaco: “Il Pd ha concluso l’esperienza Marino in modo inaccettabile sul piano democratico, senza un confronto in consiglio comunale e con le firme dal notaio. Una grave anomalia. Su questo punto, da parte del Partito democratico, non c’è stata ancora un’assunzione di responsabilità. Questo pregiudica al Pd la possibilità di essere un interlocutore credibile sul piano della ricostruzione morale, economica, amministrativa della Capitale”.
La questione Ignazio Marino è tutta interna alle dinamiche del Pd, romano e nazionale
In fondo, la questione Ignazio Marino, se ci si riflette, è tutta interna alle dinamiche del Partito democratico, sia di quello nazionale che di quello romano. Nella conferenza stampa, infatti, gran parte delle cose dette da Marino facevano riferimento proprio al Partito democratico. Su Renzi: “Avevo grandi aspettative nei confronti di una figura come l’attuale capo del governo nel momento in cui svolgeva un ruolo politico nazionale e pronunciava parole in cui mi riconoscevo, ad esempio la liberalizzazione di tante aziende che al Comune non servono e possono essere cedute a privati o la scelta di persone sulla base dei curricula oppure quando diceva di volere una informazione radio tv nazionale che assomigliasse il più possibile alla Bbc. Siamo finiti da quelle osservazioni a un presidente del Consiglio, che sceglie i direttori generali della Rai e delle reti. Se lo avesse fatto Berlusconi molti giornali si sarebbero ribellati”. E ancora: “”c’è stato un capo del governo non eletto da nessuno che ha indicato un commissario governativo al posto di un sindaco eletto dai centinaia di migliaia di cittadini. Credo questa sia una lesione di democrazia che è stata considerata con molta attenzione e preoccupazione dalle cancellerie di tutti i paesi stranieri”. E la stoccata finale al suo ex partito: “Se avessi seguito tutti i consigli del Pd forse sarei finito in una cella d’isolamento”. E poi è andato giù duro contro Renzi anche sulla questione della trasparenza: “Quando verrò chiamato spiegherò a proposito di questi 12 mila euro che mi vengono imputati”. Ma “mi piacerebbe che la stessa trasparenza venisse utilizzata dal capo del Governo che ha speso in un anno come presidente della Provincia di Firenze 600 mila euro in spese di rappresentanza, rapidamente archiviate dalla magistratura contabile. Io ritengo di non aver nulla di più da spiegare di quel che ho fatto”. Negativo anche il giudizio sul governo e sulle alleanze della maggioranza. “Questo è un governo di centrodestra. Alla sanità c’è la Lorenzin, agli Interni Alfano. Avevamo Lupi alle Infrastrutture e in Senato c’è l’appoggio di Verdini che non è stato certo eletto dal popolo di sinistra. Penso tutto il male possibile: quelli che come me sono andati a votare nel 2013 volevano un governo di centrosinistra. Non volevano cacciare Veltroni o D’Alema per avere Verdini”.
E la candidatura di Marino al Campidoglio? “Si vedrà”
L’ex sindaco però non ha sciolto la riserva su una nuova candidatura nella corsa al Campidoglio. “Non è questa la sede, non ho detto né si, né no. Non faccio nessun balletto, i balletti li fanno i giornali” ha detto Marino. Infine, un passaggio del colloquio di 90 minuti con i giornalisti è stato dedicato anche a Papa Francesco, col quale ha assicurato di aver chiarito i rapporti. “Ho avuto un incontro il primo febbraio con il Papa. Abbiamo avuto una lunga e piacevole conversazione in cui ho ripercorso la mia visione dei fatti e sicuramente non va a attribuito a lui quel che va attribuito a Renzi o al Pd. Ho usato queste parole e con la sua autorizzazione le ho riportate. Abbiamo stabilito che avrei raccontato non solo quell’incontro ma anche altri con lui e che egli avrebbe riletto il testo prima della pubblicazione”.