Sul caso Regeni continuano ad alternarsi ricostruzioni inattendibili e indiscrezioni fondate su testimonianze solide. La famiglia di Giulio resta chiusa nel proprio dolore e attende quelle risposte che noi di Articolo 21, insieme ad Amnesty International e attraverso la rete di “Illuminare le periferie”, continueremo a sollecitare, come non ci stancheremo mai di chiedere verità e giustizia.
Le notizie delle ultime ore tracciano un quadro sempre più cupo e allo stesso chiaro: non vi è alcun dubbio che il giovane ricercatore sia stato torturato a lungo, più volte, perché ritenuto detentore di informazioni scomode per il regime egiziano.
Tra le ultime indiscrezioni inquieta particolarmente quella fatta trapelare da una fonte della sicurezza di alto rango, che ha evocato la possibilità che Giulio Regeni sia stato tradito da uno dei responsabili delle sue attività di ricerca in Egitto, ovvero il think tank anglo-americano Oxford Analytica. Qualcuno, secondo il quotidiano filogovernativo egiziano Al Akhbar, avrebbe deciso di sbarazzarsi di lui dopo aver acquisito dati compromettenti raccolti al Cairo. Ai più questa ennesima ricostruzione è apparsa un nuovo tentativo di depistaggio.
Se le varie informative di governo e polizia locale sono apparse finora poco credibili, una certezza è ormai assoluta. Giulio Regeni è stato interrogato per oltre una settimana prima di essere ucciso: le ferite ritrovate sul suo corpo dimostrano che le torture sarebbero avvenute ad intervalli di 10 -14 ore. Questo significa che chiunque sia responsabile della sua uccisione, lo stava interrogando per ottenere delle informazioni. Secondo Reuters. che ha pubblicato notizie fornite da fonti interne alla procura egiziana, Hisham Abdel Hamid, direttore del dipartimento di medicina legale del Cairo, che ha eseguito l’autopsia, avrebbe accertato le sevizie continuative.
E’ la prima volta che dall’Egitto arrivano elementi che avvalorano l’ipotesi che Regeni sia stato ucciso dai servizi di sicurezza egiziani, i quali tra i metodi di interrogatorio annoverano bruciature di sigaretta ad intervalli di diversi giorni, una tecnica di dolore e sollievo che, per le organizzazioni dei diritti umani, è il segno distintivo dei servizi di sicurezza di Al-Sisi.
Il dottore Hisham Abdel Hamid nella sua relazione depositata in Procura parla chiaro, Il referto dell’autopsia rileva un considerevole numero di ferite provocate nello stesso momento, altre causate in una seconda fase e altre ancora inflitte successivamente. “Le ferite e le fratture riscontrare si sono verificate in tempi diversi durante un periodo di circa 5-7 giorni” insistono le fonti della Procura.
In merito a tali rivelazioni non si è fatta attendere a lungo la smentita, scontata, del ministero della Giustizia egiziano che attraverso un portavoce ha definito “destituite di qualsiasi fondamento le notizie secondo le quali il capo della medicina legale egiziana Hisham Abdel Hamid avrebbe reso una deposizione parlando di sette giorni di torture su Giulio Regeni” e ha chiesto ai media di fare attenzione nel pubblicare “informazioni che provengono da fonti che vogliono deformare la realtà per scopi politici e che non hanno nulla a che fare con la verità”.
Dopo quella del ministero è arrivata, a distanza di 24 ore, la smentita dello stesso capo dell’Autorità di medicina forense egiziana, il quale ha negato di aver già comunicato al Tribunale di Giza le proprie conclusioni sull’autopsia condotta sul corpo del giovane ricercatore friulano. Eppure sulla base di questa ‘presunta’ comunicazione una delle più affidabili agenzie internazionali, citando ben due fonti, continua a sostenere che, almeno su carta, la relazione medico legale era stata consegnata agli inquirenti.
E dunque… qual è la verità sulla morte di Giulio? Questo è ciò che continuano a chiedere, a pretendere, i suoi genitori e coloro che li affiancano in questa battaglia di giustizia.