Sono decine e decine le croniste italiane minacciate da mafiosi, camorristi, corrotti, imprenditori e manovali del malaffare, accomunati dall’odio verso chiunque cerchi di puntare i riflettori della legalità e della informazione contro di loro e i loro traffici. L’associazione Ossigeno, coordinata da Alberto Spampinato, ha pubblicato tutti i dati relativi alle aggressioni e alle minacce contro i cronisti rilevate nel 2015. Sono oltre 500 gli episodi censiti e, tra questi, non mancano minacce, aggressioni e insulti contro le donne giornaliste; nei loro confronti, ovviamente, non mancano i riferimenti e gli oltraggi “sessisti”.
Nel codice di questi delinquenti è inciso l’odio verso la donna, tanto più quando rivendica ed esercita la professione di cronista con passione civile e tenacia professionale. Queste croniste, grazie alla commissione pari opportunità della Federazione della stampa presieduta da Alessandra Mancuso, si sono riunite a Roma e hanno raccontato le loro storie. Storie di minacce, di pedinamenti, di botte, di auto bruciate, di vite precarie, di editori senza scrupoli, di mancate solidarietà professionali, di isolamento redazionale.
Il fenomeno non riguarda piú solo la Sicilia, la Calabria, la Puglia, la Campania, ma anche l’Emilia, il Veneto, la Lombardia… Alle minacce di vecchio stampo si sono aggiunte quelle di nuovo conio a cominciare dalle cosiddette “querele temerarie”. Chiunque si senta insidiato dal lavoro di un cronista ha preso il “vizio” di presentare richieste di risarcimenti milionari: 10, 20, 100 milioni di euro per riparare una presunta violazione di immagine e per bloccare l’attività di ricerca e di inchiesta.
Il querelante temerario si pone l’obiettivo di intimidire il cronista e di “avvertire” editore e direttore affinché consiglino “prudenza” e magari mettano fine alla ricerca. Queste minacce sono ancora più efficaci quando il cronista ha una condizione precaria, non ha un editore alle spalle, non può neppure godere della solidarietà redazionale e magari lavora per il suo blog, sorretto solo da una immensa passione civile.
Per queste ragioni le croniste hanno preparato un appello, rivolto alle istituzioni. chiedendo che, dopo tanti impegni non rispettati, il Parlamento e il Governo procedano a risolvere la questione nel l’unico modo possibile: costringendo il “querelante temerario” in caso di sconfitta a lasciare nelle casse dello Stato la metà di quanto richiesto. Non si tratta soltanto di tutelare il cronista, ma di proteggere il diritto dei cittadini ad essere informati dalle molestie dei nemici della legalità e dell’articolo 21 della Costituzione.
Chiunque condivide le loro parole aggiunga la sua firma e rivendichi il diritto a non essere “oscurato”.