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La Terra è malata. 660 milioni di persone senza acqua potabile

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Scritto da C. Alessandro Mauceri

Innalzamento delle temperature. Un milione di ettari non più coltivabili

ROMA – Mentre tutti i paesi del mondo sono in trepidante attesa della ratifica degli accordi sottoscritti da ben 192 stati a Parigi, a Novembre scorso, durante il COP21, (ad oggi, solo le Isole Fiji hanno ratificato ufficialmente l’accordo e l’Ue ha detto che lo farà), crescono le preoccupazioni per gli effetti delle mutazioni del clima.

Gli innalzamenti delle temperature previsti dai leader mondiali, infatti, si sono rivelate sottostimate. Secondo il sito Worldometers, nell’ultimo anno sono stati distrutti  978.325 ettari di foresta e gli ettari di terra diventati non più coltivabile a causa dei cambiamenti climatici sono 1.317.091. La desertificazione ha colpito ben 2.257.446 di ettari  di terra.

Le conseguenze per la salute delle persone sono tremende: ogni giorno oltre ventimila persone muoiono di fame. I morti per malattie associate all’acqua, nell’ultimo anno sono stati 158.414

E 660.401.000 milioni di persone già oggi non hanno accesso ad acqua potabile.

Una situazione che, secondo uno studio dell’università di Oxford, pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet, peggiorerà nei prossimi decenni: secondo i ricercatori, nel 2050, oltre mezzo milione di persone perderanno la vita a causa degli effetti dei cambiamenti climatici sulla produzione alimentare. Con l’aumento della temperatura media globale crescerà il numero e l’intensità dei fenomeni meteorologici estremi, come alluvioni, tempeste tropicali e lunghi periodi di siccità. La siccità è una delle cause più comuni della scarsità di cibo nel mondo. Nel 2011, ad esempio, proprio le siccità ricorrenti hanno vanificato il raccolto e provocato gravi perdite agli allevamenti di bestiame in Etiopia, in Somalia e nel Kenya. Nel 2012, la stessa cosa si è verificata nel Sahel. Vaste aree fertili del pianeta sono minacciati dall’erosione, dalla salinizzazione e dalla desertificazione. La deforestazione per opera dell’uomo sta accelerando l’erosione di suoli che potrebbero essere utilizzati per la coltivazione. Questi fenomeni avranno effetti negativi sul quantitativo totale di produzione agricola, e influiranno sui prezzi delle derrate, mettendo in serio pericolo le popolazioni che vivono nei paesi più poveri.

Ma non basta. secondo Marco Springmann, a capo del gruppo di ricerca: “Un calo, anche modesto, del quantitativo di cibo disponibile per ciascuna persona nel mondo può provocare importanti modificazioni nelle diete alimentati, con forti ripercussioni sulla salute”.

Una diminuzione che, in mancanza di misure decisive (e non singoli palliativi come quelli promessi a Parigi) sarà del 3,2 per cento entro il 2050. Ciò significherà un pesante calo nel consumo di frutta e verdura (-4 per cento), ma anche della carne.

Scenari che possono sembrare apocalittici e pessimistici ma che, purtroppo sono confermati dai dati rilevati, mese dopo mese, dai ricercatori. Qualche settimana fa, Getachew Reda, esponente del governo e consigliere del primo ministro Haile Mariam Desalegn, ha detto: “Stiamo cercando di assicurarci che nessuno perda la vita”. In diverse regioni del Paese la siccità ha compromesso entrambi i raccolti dell’anno. Per questo motivo, l’ong Save the Children, ha detto che a causa della carestia “circa 400.000 bambini rischiano di sviluppare nel 2016 forme acute di malnutrizione, arresti della crescita e ritardi mentali e fisici nello sviluppo”. L’Etiopia, con 95 milioni di abitanti, è il secondo Paese più popoloso dell’Africa e già in passato le carestie legate agli stravolgimenti climatici (come quella del 1984, del 2008 e quella del 2011) hanno causato centinaia di migliaia di vittime.

Ma il problema è molto più esteso. Secondo l’Unicef, il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, sono circa un milione di bambini in Africa dell’est ed australe a soffrire di malnutrizione acuta a causa della siccità. Un fenomeno che è destinato a peggiorare a causa del fenomeno climatico chiamato el Nino: “L’impatto sui bambini avra’ ripercussioni durante gli anni”, ha detto Leila Gharagozloo-Pakkala, direttrice dell’Unicef per la regione. Negli ultimi due anni la quantità delle piogge è diminuita e i raccolti ne hanno subito. I prezzi delle derrate alimentari di base sono cresciuti e la popolazione più indigente ha dovuto ridurre la propria alimentazione.
Leshoto, Zimbabwe e diverse province sud-africane hanno già dichiarato lo stato di catastrofe naturale. In Malawi, 2,8 milioni di abitanti sono minacciati dalla fame.

Le Nazioni Unite prevedono che nel 2016, nell’Africa australe, ben 14 milioni di persone potrebbero non avere più cibo a sufficienza.

Ma la situazione potrebbe essere ben peggiore a livello globale:  secondo  Oxfam, che ha lanciato la campagna Sfido la fame, nel 2016 saranno non meno di 60 milioni le persone in tutto il mondo che patiranno la fame a causa della siccità, del crollo dei raccolti e della scomparsa dei pascoli provocati da El Niño. “La comunità internazionale ha ancora tempo per intervenire in aiuto delle popolazioni più vulnerabili, ma è necessario farlo al più presto per sostenere i paesi che non riescono da soli a fronteggiare le crescenti necessità di intervento umanitario”, si legge nel documento.

Tutti dati che confermano che gli interventi previsti a novembre scorso per salvaguardare il pianeta e i suoi abitanti, sono assolutamente insufficienti. Ma di questo durante le cene luculliane svoltesi a Parigi in occasione del COP21 si è preferito non parlare. E rinviare sine die gli interventi a favore dell’ambiente non risolverà il problema. Anzi.

Da dazebao


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