La mafia vince spesso, vince troppo… e lo Stato l’aiuta.
La burocrazia (più della mafia) sta strozzando Ignazio Cutrò.
Bivona (Ag) – Ignazio Cutrò, ex imprenditore e testimone di giustizia, affida il suo grido disperato ai social media: recepito il messaggio in questo paese non esistono diritti! Solo chiacchere… so quello che devo fare l’ultimo investimento in cinque litri di benzina! Cari pezzi di merda di mafiosi con me non avete vinto, ma la burocrazia dello stato è peggio della mafia!!! In culo alla mafia.
Dal 2006 Ignazio Cutrò è testimone di giustizia. Le sue vicissitudini erano iniziate la sera del 10 ottobre 1999 quando gli fu bruciata una pala meccanica, seguirono altri attentati e denunce contri ignoti, poi l’operazione “Face off” e l’arresto, tra l’atro, dei fratelli Marcello, Maurizio e Luigi Panepinto, quest’ultimo suo ex compagno di scuola. Più volte Cutrò – anche attraverso l’Associazione Nazionale Testimoni di Giustizia di cui è presidente – ha denunciato la latitanza dello Stato: in merito al collocamento lavorativo dei testimoni di giustizia; alle difficoltà di continuare a lavorare degli stessi nei territori di appartenenza; e “il non luogo a procedere” di sospensive e agevolazioni di cartelle esattoriali e mutui non onorati di cui dovrebbero godere i testimoni di giustizia per affrontare le difficoltà che derivano dalla decisione di opporsi frontalmente alla mafia. Tutto cose previste dalla legge ma difficilmente attualizzate. Il 29 gennaio 2015 Cutrò smette di essere un imprenditore, chiude l’azienda impossibilitata ad ottenere commesse lavorative e sommersa dai debiti con lo Stato e con le banche. Creditori che sono tornati a batter cassa proprio in questi giorni, oltre mezzo milione di euro entro il 28 marzo. Una relazione ministeriale del 2011 analizzava la situazione dell’imprenditore, riconosceva che i danni constatati erano riconducibili alla mafia, proponeva un mutuo garantito dallo Stato da 300mila euro, ma «È stata ritrovata due mesi fa» e nessuna azione è stata intrapresa. «Anche un sordo avrebbe capito l’urgenza della mia situazione e invece al Ministro degli Interni sembra non interessare nulla. Eppure lui conosce questa terra. Così facendo portano le persone a fare follie» ha dichiarato Cutrò ai microfoni di MeridioNews.
Sfortunatamente quello di Cutrò non è un caso isolato. La storia di Pina Aquilini, Francesco Paolo, Francesco Di Palo, Luigi Coppola, Valeria Grasso, Domenico Antonio Esposito, Francesca De Candia, Maria Grazia Fasciana, Bennardo Raimondi, Maria Giuseppina Cordopatri, Pino Masciari, Tiberio Bentivoglio, Gaetano Saffioti, Luigi Leonardi) non sono casi isolati: un elenco non esaustivo di testimoni di giustizia, imprenditori e non, che sono caduti nell’oblio dello Stato, estromessi dai programmi di protezione, lasciati senza sicurezza o senza mezzi di sostentamento. Da ottobre a oggi sono stati bloccati – in via provvisoria – i pagamenti alle famiglie delle vittime di mafia, che dopo anni di sofferenza a conclusione di lunghi processi, si vedono negare qualsiasi diritto e risarcimento. Inoltre, sono stati previsti tagli a i fondi al Comitato per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso per pagare le spese sostenute dagli avvocati delle vittime del racket.