Inizia oggi a Istanbul il processo a carico di Can Dundar e Erdem Gul, i giornalisti del quotidiano turco di opposizione ‘Cumhuriyet’ accusati di spionaggio e divulgazione di segreti di Stato per un’inchiesta del 2014 sul traffico di armi tra la Turchia e la Siria. Imputazioni per le quali rischiano l’ergastolo. «Il processo va fermato – chiedono il segretario Lorusso e il presidente Giulietti -. Il premier Renzi intervenga per evitare che in Turchia vengano ulteriormente calpestati il diritto di cronaca e la libertà di stampa».
«Il processo a carico dei giornalisti turchi Can Dundar e Erdem Gul va fermato. Il governo italiano si mobiliti insieme con le altre istituzioni europee». Alla vigilia della prima udienza del processo, fissata per oggi, contro il direttore e il caporedattore del quotidiano turco di opposizione “Cumhuriyet”, accusati di spionaggio e divulgazione di segreti di Stato, la Federazione nazionale della stampa italiana, al pari di altri sindacati europei dei giornalisti, chiede un intervento deciso sul governo turco.
«Dopo aver sollevato il problema in un recente vertice dei capi di governo, tenutosi a Bruxelles – dicono il segretario generale Raffaele Lorusso e il presidente Giuseppe Giulietti – è auspicabile che il premier Matteo Renzi si attivi per evitare che in Turchia vengano ulteriormente calpestati il diritto di cronaca e la libertà di stampa. Come ha ricordato Can Dundar in un articolo pubblicato su “Le Monde”, in Turchia i giornalisti sono liberi di fare domande, a condizione però di correre il rischio di perdere il lavoro o di finire in galera. Questa situazione ha trasformato la Turchia in una delle più grandi prigioni per giornalisti del mondo».
Un nuovo appello, questo della Fnsi, che si unisce a quello rivolto dai giornalisti francesi al presidente Francois Hollande, al quale i colleghi d’Oltralpe hanno ricordato che non si può barattare la libertà di stampa in Turchia in nome dell’accordo fra Bruxelles e Ankara sulla crisi dei migranti.
Qui la lettera dei sindacati francesi a Francois Hollande.
Turchia: prima udienza giornalisti “Cumhuriyet”, processo sarà a porte chiuse
Il tribunale penale di Istanbul, presso il quale si è svolta la prima udienza del processo ai giornalisti di Cumhuriyet Can Dundar ed Erdem Gul, ha deciso che il processo si svolgerà a porte chiuse. Lo scrive il sito del quotidiano “Hurriyet”, spiegando che l’udienza si è conclusa da poco. I due imputati sono stati accompagnati in tribunale da una nutrita folla di sostenitori, tra giornalisti, sindacalisti e politici del partito liberale Chp e di quello filo-curdo Hdp.
“Oggi siamo qui – ha detto Dundar all’ingresso del tribunale – per difendere il giornalismo. Ci siamo riuniti per dire quello che abbiamo già detto più volte, che difenderemo il diritto della gente a essere informata, a sapere che siamo stati arrestati”.
“Il giornalismo non è un reato – ha aggiunto Gul – Oggi siamo qui per affermarlo. La Corte costituzionale ha stabilito che quello che abbiamo fatto è semplicemente giornalismo. Non abbiamo commesso un reato e continueremo a fare giornalismo”.
A proposito della libertà di espressione nel suo paese, Dundar ha precisato che “la Turchia non è mai stata un paradiso per i giornalisti”, ma “francamente neanche nel periodo dei golpe militari abbiamo conosciuto pressioni così forti”.
“Erdogan – ha spiegato – ha creato i propri media, ha acquisito quotidiani. Imprenditori a lui vicini hanno comprato quotidiani. Come risultato, Erdogan è oggi il più grande editore della Turchia”.
Dundar ha poi assicurato che non ha mai pensato di scappare dalla Turchia, perché “sarebbe come dichiararsi colpevole”, e che ripubblicherebbe il dossier sulle armi dell’intelligence in viaggio verso la Siria. “La questione dei servizi segreti di un paese – ha spiegato – che consegnano armi è un reato di livello internazionale. Non è un segreto di Stato, è il segreto personale di Erdogan. Reagiscono così duramente con noi perché lo abbiamo scoperto. Non negano, ma ci accusano perché lo abbiamo scoperto, perché sono stati sorpresi con le mani nel sacco”.
Infine Dundar ha criticato l’Europa per l’accordo con la Turchia sui migranti, definito “un grande sbaglio”. “Sulla questione dei rifugiati – ha spiegato – Erdogan ha giocato il jolly, facendo in modo che ci si dimenticasse delle sue politiche repressive. L’Europa ha detto a Erdogan: ‘Fai quello che ti pare a casa, ma non mandarci più rifugiati’. Sentiamo di essere stati sacrificati per questo accordo”. (AdnKronos/Aki – Ankara, 25 marzo 2016)
Turchia: 2 anni e 7 mesi di carcere a giornalista Zaman, “insultò” Erdogan
Bulent Kenes, ex caporedattore ed editorialista del quotidiano turco “Zaman”, è stato condannato a due anni e sette mesi di carcere per aver “insultato” il presidente Recep Tayyip Erdogan in una serie di tweet. Secondo il tribunale penale di primo grado di Istanbul, a cui si sono rivolti gli avvocati di Erdogan, i commenti del giornalista su Twitter “sono andati oltre i limiti del diritto di critica”.
Kenes è stato arrestato il 9 ottobre dello scorso anno ed è rimasto in carcere per cinque giorni. Si è difeso dalle accuse affermando di aver solo esercitato il suo diritto a esprimere opinioni critiche nei confronti del presidente. Alcuni mesi prima dell’arresto, il 6 giugno, Kenes era già stato condannato a 21 mesi di carcere con la condizionale, sempre per insulto a Erdogan su Twitter. La nuova condanna arriva mentre è sempre più acceso il dibattito in Turchia sulla libertà di stampa. Lo scorso mese “Zaman”, quotidiano di opposizione, è stato commissariato.
Proprio oggi, inoltre, è in programma la prima udienza del processo a carico dei giornalisti Can Dundar ed Erdem Gul, rispettivamente direttore e caporedattore del quotidiano di sinistra “Cumhuriyet”. I due sono accusati di terrorismo e spionaggio per aver rivelato la vicenda del camion dell’intelligence turca fermato con un carico di armi mentre era in procinto di attraversare la frontiera con la Siria. Hanno trascorso 92 giorni in carcere, prima di essere liberati il 26 febbraio scorso grazie a una sentenza della Corte costituzionale fortemente contestata da Erdogan. (AdnKronos/Aki – Ankara, 25 marzo 2016)