Nella relazione dell’Anac (Autorità Nazionale Anticorruzione) depositata il 10 marzo il suo presidente, Raffaele Cantone, scrive di una sistematica e diffusa violazione delle norme e di un ricorso generalizzato e indiscriminato a procedure prive di evidenza pubblica, con il conseguente incremento di possibili fenomeni distorsivi che agevolano il radicarsi di prassi corruttive. L’indagine ha rivelato un sistema corruttivo endemico e ampiamente diffuso in tutti i gangli vitali dello Stato centrale e periferico. Sul fatto che la corruzione sia ovunque non c’è dubbio. L’unico punto in cui non sono d’accordo è che sembra sia limitata a Roma. La corruzione in Italia è ovunque. Il problema infatti non sono tanto i fenomeni “acuti” come il caso “Mafia Capitale”, ma il fatto che la corruzione si è trasformata da fenomeno ordinario a sistema consolidato sostituendosi alle normali procedure, per cui è la “non corruzione” ad essere diventata un fenomeno eccezionale.
Ricordiamoci che Tangentopoli ha cominciato a perdere popolarità quando ha cominciato ad indagare anche tra la gente comune. Il problema è fondamentalmente culturale. Ecco perché noi, con la Scuola di Legalità “don Peppe Diana”, invece di invocare per i corrotti giudizi universali e ghigliottine, che poi in concreto si traducono in un nulla di fatto, proviamo ad instillare il concetto di onestà nelle scuole di ogni ordine e grado spiegando il semplice pensiero che essere corrotti e/o far finta di non vedere la corruzione e non denunciare, porta il caos per la comunità, e ad un disastro nel lungo termine che coinvolgerà soprattutto i giovani e il loro futuro. C’è tanto da fare e se ai proclami non seguiranno i fatti tra un anno purtroppo scriveremo le stesse cose.
Giurista e docente di diritto penale