Non stupisce che i giornali stessi ne parlino, diciamo così, sottovoce. Non stupisce che l’interesse dell’opinione pubblica sia medio-basso, ci sono guai più seri a cui pensare. Non stupisce più niente in questo paese, e tuttavia…dopo “mondazzoli” ecco arrivare la fusione fra Repubblica e La Stampa, l’uscita di scena della famiglia Agnelli dall’editoria italiana – del resto gli Elkann stanno lasciando anno dopo anno l’Italia- e il delinearsi di un evidente oligopolio nell’editoria italiana di quella che un tempo si definiva carta stampata. L’accordo, insomma, rompe i rapporti consolidati nel settore e restringe il già non enorme campo degli editori, riducendo i confini di quello che per molto tempo è stato, nel bene e nel male, un libero mercato.
Il fenomeno ha, ovviamente, motivazioni forti, proclamate a gran voce in modo quasi unanime: la crisi economica e l’avvento dei nuovi media digitali. Questi due fattori determinerebbero, secondo quasi tutti gli osservatori, l’inevitabilità delle concentrazioni oligopolistiche in tutti i settori dell’economia, editoria inclusa. E’ possibile. Ma accade solo in Europa e soprattutto in Italia. Il mondo globalizzato da noi sembra determinare un controsenso, meno mercato per tutti. Pochi uomini soli al comando. E di cui sembra obbligatorio fidarsi.
Il dubbio è che c’entri molto la politica, anzi, per meglio dire, il potere. Meno soldi, più concentrazione in poche mani, più problemi per la società, meno pluralismo per tutti. C’è come uno strano legame fra le grandi concentrazioni editoriali e un parlamento che legifera solo con voti di fiducia, ci sono analogie che inducono a pensar male, sapendo che si fa peccato, è ovvio. Non ha alcuna importanza se le poche mani in cui si concentra il potere hanno connotazioni che, con una terminologia che perde ogni giorno di significato, in alcuni casi sarebbero più di sinistra che di destra. E’ la riduzione degli spazi di libertà, di discussione, di ragionamento, di critica, è questo che deve farci paura.
Ma chi ha in mano le leve per fare in modo che questo non avvenga siamo noi, gli operatori dell’informazione e della comunicazione. E infatti la sfida ora passa ai giornalisti, agli autori, agli operatori del web, agli scrittori, ai film makers, a tutti coloro che possono, oggi come ieri e come domani, non abbassare la testa, non farsi condizionare, non cedere alla melassa che tutto avvolge e che chiede sempre e solo consenso. Articolo 21 farà la sua parte: questo tema non lo molleremo facilmente, inizieremo un percorso di interviste, di discussioni, di dibattiti per approfondire, per mettere a nudo le manovre ambigue, se ci saranno, senza guardare in faccia a nessuno. A prescindere dalle decisioni tecniche dell’antitrust, a prescindere dalle posizioni dei partiti, a prescindere dalle intimidazioni. La fusione Repubblica-La Stampa è l’inizio di un ribaltamento generale nell’editoria italiana e i rischi sono sotto gli occhi di tutti. Un problema che i lettori oggi percepiscono poco, ma che è nostro dovere far capire prima di tutto proprio a loro.