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Fosse Ardeatine, l’inumana strage

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“Fummo trucidati in questo luogo perché lottammo contro la tirannide interna e per la libertà contro lo straniero per l’indipendenza della Patria. Sognammo un’Italia libera, giusta, democratica. Il nostro sacrificio e il nostro sangue ne siano la sementa e il monito per le generazioni che verranno”. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è recato al Mausoleo delle Fosse Ardeatine per la cerimonia commemorativa del 72esimo anniversario dell’inumana strage compiuta il 24 marzo del 1944 dalle SS Tedesche, in cui persero la vita 335 innocenti.

Una vendetta immediata, contro l’attentato che i partigiani del Gap – gruppi di Azione Patriottica – avevano organizzato in opposizione all’occupazione nazista di Roma, verso un reparto del Polizeiregiment “Bozen” che ogni giorno transitava in via Rasella: lì il 23 marzo 1944, anniversario della fondazione dei fasci di combattimento, perirono 33 soldati tedeschi e 6 civili italiani.

Il Feldmaresciallo Albert Kesselring dispose, subito dopo l’attentato, il rastrellamento e la fucilazione di dieci italiani per ogni soldato tedesco ucciso. Il Tenente Colonnello Kappler e il questore Caruso si occuparono di selezionare le vittime tra gli ebrei in attesa di essere deportati, tra loro i sette uomini della famiglia Spizzichino, i detenuti già condannati a morte o in attesa di giudizio per reati politici e i civili rastrellati a caso e trascinati via dalle loro case in via Rasella.

335 innocenti, cinque creature in più rispetto al calcolo di morte dei carnefici, caricati sui camion e condotti nella grotta dell’eccidio, una cava di pozzolana sulla via Ardeatina. Il capitano delle SS Hass aiutato dai suoi ufficiali, tra cui anche Erich Priebke, il boia che per cento anni rimase fedele all’orrore, li eliminarono tutti con un colpo di pistola alla nuca per non sprecare troppe munizioni.

Un massacro taciuto, con delle mine fu fatto saltare l’ingresso della cava per occultare all’interno i corpi, uomini improvvisamente scomparsi nel nulla, fino alla lettera in lingua tedesca del 5 aprile, in cui veniva chiesto alle famiglie di recarsi presso Via Tasso a ritirare i documenti personali delle vittime, non una riga per giustificarne la morte. Alle donne ebree non fu comunicato alcunché, in Italia dal 1938 gli ebrei erano già stati privati di qualunque diritto, vietato versare lacrime sul proprio martire amato; figlio, fratello, marito o padre.
Il mausoleo delle Fosse Ardeatine, è il luogo in cui la memoria grida incessantemente il suo dolore, il luogo in cui la vita ricorda all’umanità intera la sua vergogna, la sua viltà, il suo abisso.


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