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Donald Trump, definizione vivente dell’autentico populista

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[Traduzione a cura di Eileen Quinn, dall’articolo originale di Takis S.

Sembra essere sbucato dal nulla; è estremista e irascibile, e fa uso di una retorica piena di rabbia e di un messaggio ambiguo e quasi incomprensibile. Le sue posizioni politiche non si allineano a quelle del partito che afferma di rappresentare, e al momento domina il discorso e processo politico. Stiamo parlando, ovviamente, di Donald Trump. Ma di che tipo di politico si tratta? E perchè la risposta a questa domanda dovrebbe essere importante?

Per quanto concerne la prima domanda, le teorie al riguardo sono varie e abbonda la confusione. Se alcuni lo definiscono autoritario, populista autoritario, nascente fascista e finanche leader fascista di estrema destra, altri hanno visto in lui, stranamente, l’esempio vivente di un moderato ideologico. Alla domanda se Trump può essere considerato un populista puro, Michael Kazin, un’autorità del populismo americano, resta perplesso perchè non ha “ben compreso chi sarebbe il popolo” nel discorso politico di Trump. Quel che è più certo è che Trump, diversamente dai suoi rivali, non è un vero conservatore. Che cosa è allora?

Il mio suggerimento, in linea con Kazin e altri critici perplessi, è che Trump sia l’esempio più autentico di una leadership populista ribelle la quale appartiene totalmente ad una lunga tradizione di populismo negli States, e che sta rinascendo.

La saggezza nel trattare di populismo comincia con il significato che viene attribuito al termine. Questo deve essere abbastanza preciso e al tempo stesso, compito non meno arduo, specificare cosa il populismo non sia. Come suggerito altrove, il populismo può essere definito superficialmente come liberalismo democratico, il che rivela anche il suo polo opposto ovvero il liberalismo politico.

L’allusione principale di questa prospettiva è che, nonostante il populismo sia per definizione democratico, esso riveli un concetto di democrazia chiaramente ostile ai principi democratici. Il populismo, in altre parole, è l’idea di un certo tipo di democrazia in cui l’illiberalismo surclassa il liberalismo.

Il passo successivo deve consistere nel dare un contenuto più sostanziale ai termini “liberalismo” e “illiberale”. In sintesi, un politico liberale è qualcuno (o partito) che si attiene a ciascuno e al complesso di questi principi: in primo luogo, la consapevolezza che la società moderna è divisa da molte, e spesso trasversali, fratture; in secondo luogo, il bisogno di impegnarsi a superare quelle fratture per mezzo della promozione del moderatismo politico, del consenso e di accordi; infine, la dedizione alla legge e la difesa dei diritti delle minoranze come mezzi per realizzare il liberalismo politico.

In netto contrasto con quanto sopra, i politici o partiti illiberali considerano la società come divisa da una sola frattura, la quale sembrerebbe separare le persone comuni da qualche idea di “classe dirigente”; questi leader quindi incoraggiano la polarizzazione e l’avversità politica rifiutando il compromesso; infine, basandosi sulla convinzione che rappresentino la principale e migliore porzione del “popolo”, i leader illiberali ignorano le minoranze e la legalità istituzionale, preferendovi il sistema maggioritario.

Qui entra in gioco Trump. È arrabbiato con la classe dirigente (espressione divenuta ormai propria del suo discorso) e con varie altre élite le quali, a suo avviso, hanno tradito il popolo americano. Si rivolge a quella fetta di americani bianchi, appartenenti alla classe operaia e che regolarmente pagano le tasse, che stanno rimanendo indietro e che sentono di essere trascurati dalle élite conservatrici. Tuttavia, essendo Trump stesso un miliardario, non é un anti-élite! È infatti pronto a formare la sua propria élite e piazzarla all’interno del suo governo.

Trump fa leva sull’avversità. Nella sua campagna politica (e anche nella sua autobiografia intitolata Crippled America) non appare come il campione compassionevole e premuroso del popolo. Al contrario, è il candidato che approfitta della sventura sociale ed economica per ottenere polarizzazione. Non solo manifesta contro Wall Street (“I manager del fondo speculativo sono assassini che la stanno facendo franca“), ma fa largo uso di termini quali “debolezza”, “sconfitta”, “patetico”. Così facendo genera emozioni forti, sentimenti negativi tra concittadini, e dilemmi morali considerevoli.

Infine, Trump impreca contro le minoranze etniche e religiose nella totale noncuranza dei diritti costituzionali. Tra le sue proposte vi sono quelle di bloccare totalmente e completamente l’immigrazione musulmana, di deportare 12 milioni di immigrati irregolari, e di costruire un “gran bel muro” al confine con il Messico. Ha apertamente abbracciato la tortura, tratta la stampa con totale disprezzo ed è intollerante riguardo certe libertà civili, inclusa la libertà di parola.

Il Trump populista, ha importanza? Sì, molta, per almeno tre ragioni. In primo luogo il populismo, per quanto diffuso nelle politiche americane, era fino ad ora apparso solo nelle crepe di entrambi i partiti. Adesso è invece esploso e tenta di conquistare una vita propria; va aggiunto che non è casuale, presumibilmente, che il populismo di Trump sia emerso allo stesso tempo del populismo sinistroide di Sanders.

Inoltre, Trump sta trasformando in modo radicale il Partito Repubblicano, mettendone a rischio l’unità fondata sulla sua identità e i suoi princìpi. Sta gettando via l’ortodossia conservatrice liberale e sfidando lo schema tradizionale del Partito Repubblicano su una serie di temi dal libero mercato, che Trump vorrebbe interrompere, ai sussidi come Medicare e Social Security, che promette di mantenere.

Infine, se Trump dovesse vincere la prossima nomina presidenziale repubblicana, trasformerà sicuramente la società e le politiche americane dalle più liberali attualmente al mondo a completamente populiste. Infatti, come il teorico della scelta sociale William H. Riker ha affermato, ci sono solo due visioni della democrazia moderna, liberalismo e populismo. Queste due visioni, afferma chiaramente Riker, “costituiscono le uniche possibilità nella teoria democratica“.

Da vociglobali


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