Dignità: il dizionario Treccani ne dà definizione precisa, esaustiva: “la condizione di nobiltà morale in cui l’uomo è posto dal suo grado, dalle sue intrinseche qualità, dalla sua stessa natura di uomo, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e ch’egli deve a sé stesso”. La dignità, insomma, è un qualcosa che bisogna tutelare, difendere, che si deve avere, pretendere, riconoscere al prossimo. Finita la “lezione” lessicale, andiamo al concreto, con l’aiuto del professor Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale, e, oltre che giurista di riconosciuto e meritato valore, anche ex ministro della Giustizia; della dignità traccia un elogio in un libro prezioso, “Elogio della dignità”, appunto; volume pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana.
Una riflessione ad ampio raggio sulla dignità e i suoi diversi aspetti, quella del professor Flick; diciotto capitoli di grande attualità: la dignità di fronte al terrorismo, alla violenza e all’intolleranza; la dignità di fronte al negazionismo della Shoah; la dignità di fronte alle degenerazioni dell’economia finanziaria; e poi lo sfruttamento dei più deboli, la corruzione, i problemi drammatici del fine-vita; e le “radici”, le tradizioni giudaico-cristiane che sono proprie dell’Europa, ma anche quelle più squisitamente laiche, le illuministe, da cui derivano le carte costituzionali e le sovranazionali dichiarazioni sui Diritti Umani.
Seguiamolo, il professor Flick, nel suo percorso: la dignità, ci dice, “è un valore preliminare a quelli di libertà, eguaglianza, solidarietà, cittadinanza e giustizia”; non solo: è il “cardine dello stato democratico costituzionale e del principio personalistico su cui esso si fonda”. L’affermazione, il riconoscimento, la tutela della dignità umana in quanto tale da intendere come valore fondante di tutti gli altri.
Ed eccoci a un punto che dovrebbe interessarci: il secolo appena iniziato, osserva Flick, “è certamente quello del diritto alla conoscenza, ma anche degli abusi di essa legati al progresso tecnologico ed alle sue applicazioni in tutti i campi: dallo sfruttamento delle risorse naturali agli interventi sulla realtà fisica e psichica della persona, alla elaborazione di tecniche di aggressione e di armi di distruzione di massa”.
Ecco dunque che pur in un contesto di relativismo dei valori quello della dignità rappresenta un punto di riferimento fondamentale, una sorta di “religione civile”, con una triplice dimensione: individuale, relazionale e di gruppo. Vale a dire: no a ogni discriminazione; sì all’accettazione della diversità, al dialogo e al rispetto reciproco, e nessuna esclusione sulla base di differenze fisiche, sessuali, linguistiche, religiose, politiche, economiche, culturali, sociali, razziali; infine diritto alla difesa del proprio territorio, al rispetto dell’ambiente, protezione delle minoranze, del loro patrimonio identitario, culturale, religioso, linguistico.
Dignità messa in pericolo da sempre, e oggi più che mai insidiata; bene da coltivare e salvaguardare, perché “è un diritto ed un dovere per tutti, per rivendicare e difendere la nostra umanità”. Dovrebbe essere per tutti noi una sorta di baedeker: ogni sera, una pagina prima di dormire, come contravveleno alle scempiaggini e alle demagogie che ogni giorno ci vengono propinate.