Come una mosca che sbatte sul vetro della finestra per ore. Sono giorni, settimane che l’Italia chiede verità sul caso Regeni e sbatte sulle menzogne. Non quelle delle risposte degli egiziani, tante e marchiane, ma quelle delle domande del nostro governo. Viziate dai sottotitoli, che dicono “voi dateci una versione non vera ma spendibile e noi sistemiamo tutto, perché siamo mercanti e gli affari (petrolio) vengono prima della dignità e della verità”.
Ma gli egiziani sono pessimi compari.
Non sanno depistare con la perizia che noi abbiamo affinato negli anni. Fanno errori da bambini, mettono i passaporti su un vassoio d’argento, invece di far trovare dossier ben confezionati; se la prendono con una banda di balordi, invece di accusare gli appositi estremisti (da noi, gli anarco insurrezionalisti); sparacchiano versioni contrastanti, invece di stendere una coltre di impenetrabile silenzio.
No, la verità su Regeni non la sapremo mai.
Perché la sappiamo già.
E non ci conviene.
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