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Buster Keaton. A 50 anni dalla morte del grande, ‘silenzioso’ artista

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Buster Keaton nei  “Fotogrammi” di Danilo Amione, cortometraggio indipendente, prodotto dalla Dami Film nel 2015. già presentato in diverse rassegne di cinema

Buster Keaton:  testardamente triste  per offese ancestrali e tenute ‘in serbo’,  per lacrime già ‘tutte piante’ sino ad essiccarne le ghiandole.   La presenza su questa terra come precipizio d’una estrema ‘ingiustizia’ (Gorgia da Lentini). Il più vicino all’ eterna Crisi della  ‘sensibilità europea’, post romantica,  degli interpreti hollywoodiani, e della  sua presunta età dell’oro. L’uomo non senza qualità, ma dalle qualità espropriate, deturpate, esodate dall’esubero dei poteri fisici e metafisici.  Avremmo dovuto capirlo, se non fossimo stati bambini, quando venne arruolato in Italia per  “Due marines e un generale” (con Franchi e Ingrassia più congruo onorario).

Non so se l’abbia detto Bartès, ma fa lo stesso “Tre scatti fotografici, in tre fasi diverse della vita di un  uomo… te ne danno la visione d’insieme” – L’  incipit del film è un’immagine  lattea, sfocata, dunque priva di contorni demarcativi. Un’opera aperta, forse- poi messa a fuoco su dettagli del viso del    Keaton giovane,  mite,  mesto, ma non dimesso: anzi fiero di una propria inesplicabile diversità (dalle ‘belve’ del cinema muto, ove “non vinse alcuna guerra” né giocò “di boxe”).    Buster disarmato per autodeterminazione, (u)morale rifiuto della barbara furia  (equivocando Nietzche?) che sonnecchia nel ventre di chiunque  abbia patito stenti, iniquità, sopruso. E poi quei suoi ‘occhi a pàmpana’,  vividi di risentimento  trattenuto, sorvegliato, persino ‘angelico’- ma non declinati  al perdono. Sapere e tenere tutto per sè, scegliendo il mutismo (che tutto ascolta) come spiazzante arma di difesa, di  introversa e retroflessa stima di se stessi.

La ‘cinepresa dello sguardo’, che è nelle ‘corde’ (tattili, percettive, olfattive) di  Danilo Amione  coglie  tutto con defilata (impalpabile)  sobrietà, illuminazione intellettiva, dono di sintesi (nella brevità del piano sequenza che si consolida sua cifra poetica), come nel precedente omaggio ad Antonioni, attraverso il metodo della metonimia e della sineddoche (quando  il particolare rimanda  al suo contesto) .

Keaton fotografato di spalle, con cappello stretto e sgualcito, a fianco di un rettangolo (quadro o specchio opaco?); Keaton che osserva Keaton  e ne resta sbigottito; Keaton  dietro le sbarre, reali e allegoriche,  con camicia slacciata e cravatta lisa, striminzita- mani aggrappate al ferro per   esigua forza sfinita. Stoicismo, desistenza, resistenza di Sisifo o Giobbe.  Poi l’uomo   anziano, ripreso da Beckett nel suo unico “Film” del ’65:  corrusco, profonde occhiaie, consunto dal disinganno –  copricapo inamovibile, infeltrito, sino alla muffa. Buster nostro contemporaneo e “Cameraman” di avamposto: ancora ad occhi fermi, inerti ma  accusatori, come la vittima al sollievo del patibolo. Immenso, inarrivabile, post-moderno. Tra i più grandi, ‘ignari’ filosofi dell’immagine e dell’immaginario che in tanti vorrebbero ‘liquefarci’ e ridurre a videogame.


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