Azzerati i tassi di interesse. Ma le manovre finanziarie non bastano. Invece di andare avanti, l’Europa va indietro
Di Alessandro Cardulli
Sarà l’ultima volta che Mario Draghi scende in campo per cercare di raddrizzare l’economia dell’Eurozona sempre più debole, sempre più volatile. Con una mossa giudicata “ardita”, non gradita ai tedeschi, azzera i tassi di interesse, dallo 0,05 a zero, appunto. Il cavallo non beve, come dicono gli economisti, manovre di politica finanziaria, le banche protagoniste assolute, una volta, due volte, tre volte, se non danno risultati visibili non possono sostituirsi a politiche espansive, investimenti, per dirla con parole chiare, pubblici e privati. Un drastico mutamento, insomma, della politica economica della Ue, la fine dell’austerità, di politiche liberiste con “riforme” che colpiscono il mondo del lavoro, i diritti dei lavoratori, gli attacchi al welfare, la crescita delle diseguaglianze. Lo stesso presidente della Banca centrale europea prende atto che le politiche che la stessa Bce ha messo in atto non hanno dato i risultati sperati.
Le nuove previsioni economiche sull’Eurozona: la ripresa rallenta, vicini alla deflazione
Draghi non poteva ignorare la nuove previsioni economiche sull’Eurozona: la ripresa che rallenta (+1,4% nel 2016, +1,7% nel 2017, +1,8% nel 2018), “fragile e graduale”, con rischi al ribasso legati soprattutto al rallentamento dei paesi emergenti, alla volatilità dei mercati e ai fattori geopolitici. L’inflazione che non riparte (+0,1% nel 2016, +1,3% nel 2017, +1,6% nel 2018), al punto che il target ottimale della Bce (il +2%) è ben lontano dall’orizzonte triennale. Lo spettro della deflazione è alle porte “un territorio impervio e assolutamente inedito che nessuno ha la certezza di saper fronteggiare”, dicono a Francoforte. A fronte di questa situazione il board della Bce ha approvato a schiacciante maggioranza la linea di Mario Draghi. Non all’unanimità -raccontano le agenzie di stampa – malgrado per la rotazione dei diritti di voto interna alla Bce non fosse chiamato ad esprimersi Jens Weidmann, numero uno della Bundesbank e principale avversario interno del presidente italiano in seno a Eurotower. Subito dopo l’annuncio di Draghi i tedeschi si fanno sentire. “Misure totalmente inutili” commenta Michael Kemmer della Bundesverband Deutscher Banken, l’Abi tedesca, secondo cui la Bce “esagera i rischi di deflazione”. Draghi in conferenza stampa risponde: “Immaginate se non avessimo fatto niente, avessimo incrociato le braccia dicendo ‘nein zu allen’, no a tutto. Oggi ci ritroveremmo con una disastrosa deflazione”.
Il programma di acquisto di titoli di Stato sale di 20 miliardi al mese
Entrando nel merito delle misure, in larga sintesi, al di là dei complicati meccanismi finanziari, l’essenza del nuovo intervento della Banca di Francoforte si riassume nel taglio di tutti i tassi di riferimento del costo del denaro. Il programma d’acquisto di titoli di Stato, il “Quantitative Easing” lanciato un anno fa, sale di 20 miliardi al mese, raggiungendo quota 80 miliardi. La Bce, inoltre, potrà acquistare anche i bond emessi dalle aziende più solide, non solo titoli di Stato. Le nuove operazioni di finanziamento agevolato saranno quattro, a partire dal prossimo giugno, con scadenze più lunghe delle precedenti (da tre a quattro anni) e soprattutto con tassi che potranno scendere in negativo. Di fatto le banche potranno prendere denaro a prestito e saranno remunerate per farlo, ma solo a patto di mettere il denaro in circolo e non chiuderlo nei caveau di Francoforte.
Le Borse prima positive poi chiudono in negativo. Stabile solo Madrid
Le Borse hanno immediatamente reagito in positivo, una boccata di ossigeno, una vera euforia, ma si è trattato di un fuoco di paglia, imprevisto e poco spiegabile. Ma, se così si può dire, è questo il bello dei mercati finanziari. Dall’euforia al pessimismo il passo è stato breve e le principali borse europee hanno chiuso in negativo con la sola Madrid stabile. Il Ftse 100 di Londra perde l’1,78%, il Dax di Francoforte arretra del 2,31%, il Cac 40 di Parigi scende dell’1,70% e il Ftse Mib di Milano segna -0,50%. Draghi, del resto, illustrando i provvedimenti adottati era stato molto prudente. Non si aspettava, infatti, cori e battimani. Quello che Bce ha messo in campo fino ad oggi –dice – ha evitato il blocco del sistema bancario con le conseguenze facilmente comprensibili. Ma l’obiettivo principale, evitare uno scenario deflazionistico, non è stato realizzato.
“I tempi per tornare alla normalità saranno molto lunghi”
Non solo, Draghi afferma che anche con le misure annunciate, “i tempi per tornare alla normalità saranno molto lunghi. La nuova rotta vede una rafforzata attenzione alle imprese. Serve però la collaborazione del sistema bancario, più orientato al credito all’economia reale, e degli Stati membri, da cui la Bce si attende misure pro-crescita per puntellare l’economia europea”. Misure che, stando anche alle ultime prese di posizione della Commissione Ue, con le lettere inviate a cinque paesi, Italia compresa, “un segnale di allarme” per i bilanci non in regola, non danno certezze nella direzione auspicata da Francoforte.
Costi quel che costi, tutto ciò che è necessario
Draghi ne è pienamente consapevole tanto da mettere le mani avanti, facendo presente che “le munizioni del suo bazooka non sono esaurite”. Proprio “le decisioni prese oggi sono la migliore risposta, dicono che non ci mancano gli strumenti anche per il futuro”. Più che all’esterno sembra rivolgersi a se stesso e a chi, come i banchieri tedeschi, sembrano non disponibili a nuove manovre. Le nuove carte della Bce potrebbero riguardare i tassi di rifinanziamento che sono stati azzerati. Draghi afferma che “resteranno ai livelli attuali o a livelli ancora più bassi, per un periodo esteso e ben al di là dell’orizzonte temporale del Quantitative easing”. E fa circolare l’ipotesi di tassi negativi. Sul fronte del piano di acquisti di titoli, Draghi sottolinea che si proseguirà “se necessario” oltre la scadenza prevista di marzo 2017 e “in ogni caso fino a quando vedremo una sostenuta risalita della dinamica di inflazione”. Così come due anni fa quando a Francoforte sono risuonate le parole di Draghi, “whatever it takes”, costi quel che costi, tutto ciò che è necessario. Forse non basta. Il problema sta nel manico, in una Europa che vive una profonda crisi.