Il bilancio dell’ultimo atto di terrorismo in Turchia per ora è fermo a 37 vittime, ma è destinato ad aumentare a causa della gravità delle condizioni di molti dei 125 feriti. E mentre Ankara e tutta la popolazione turca piangono i loro morti, il governo di Recep Tayyip Erdogan (nella foto) approfitta del terribile attentato alla stazione degli autobus di domenica scorsa per inasprire il controllo sui media, motivandolo ufficialmente come misura necessaria per reprimere l’azione propagandistica del terrorismo ‘interno’.
Dalle prime ricostruzioni degli investigatori turchi i due kamikaze – tra cui una donna – che si sono fatti esplodere ieri, apparterrebbero all’ala intransigente del Partito curdo dei lavoratori (i cosiddetti ‘falchi alati per la libertà’) e per questo il governo ha ritenuto opportuno ripristinare il coprifuoco in vari distretti della Turchia sud orientale, proprio a maggioranza curda.
Subito dopo l’attentato le autorità, oltre a vietare a radio e televisioni di trasmettere video e immagini dell’esplosione, hanno anche bloccato l’accesso ai social media, tra cui Facebook e Twitter.
A disporre il blocco di internet la Corte penale di Golbasi che ha così voluto impedire la condivisione di foto da parte degli utenti del luogo dell’attacco.
Ulteriore reazione all’attentato, un maxi – blitz della polizia che ha portato all’arresto di 69 persone in tutto il Paese.
In quindici sono finiti in manette con l’accusa di fare propaganda a favore del Pkk, ma per la maggior parte l’accusa è stata di ‘insulto a pubblico ufficiale’.
Nella provincia centrale di Eskisehir dodici persone sono state arrestate nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla procura locale su capi di imputazione poco chiari.
Più a sud, nella provincia di Adana, sono stati invece 36 gli arrestati per sospetti legami terroristici col gruppo Pkk. Nel mirino degli investigatori anche due abitanti di Istanbul, collegati alla stessa rete.
Nell’est del Paese, infine, sono finite in carcere quattro persone trovate in possesso di tre pistole e un fucile.
La Turchia ha “informazioni concrete su quale organizzazione terroristica abbia compiuto la strage di domenica ad Ankara”, ha assicurato il premier Ahmet Davutoglu. Ma analisti esterni hanno evidenziato alcune incongruenze su questa tesi, avvalorando invece altre ipotesi, come quella di Daesh o degli estremisti di matrice comunista del Dkhp – c.
Ma Erdogan non ha dubbi e, a scanso di equivoci, ha inviato i suoi aerei militari a bombardare le postazioni del Partito dei lavoratori del Kurdistan nel nord dell’Iraq.
Resta da capire come mai, se le autorità turche (come confermato anche dall’ambasciata degli Stati Uniti informata tempestivamente su possibili attentati ad Ankara) fossero a conoscenza dell’imminente minaccia terroristica, non abbiano avuto il tempo di predisporre o potenziare le misure di prevenzione e di controllo di aree a rischio come, appunto, la stazione degli autobus della Capitale.
La circostanza stride con le misure assunte invece dagli americani che hanno messo in guardia i cittadini statunitensi attraverso un avviso diretto sia ai dipendenti pubblici sia ai privati cittadini presenti nella Capitale turca.
Aspetti che insinuano non pochi interrogativi ai quali il governo di Erdogan non sembra intenzionato a dare risposte.