Il testo dell’emendamento del governo sulle unioni civili su cui il governo in aula al Senato ha posto la questione di fiducia è un unico articolo composto di 69 commi. Le novità sono: via la norma ad hoc sulla stepchild adoption con la precisazione però che l’adottabilità del figliastro rimane regolata dalle norme vigenti della legge sulle adozioni n.184 del 4 maggio 1983; niente obbligo di fedeltà per le coppie omosessuali con il mantenimento però del riferimento alla “vita familiare” e con “l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione”; pratiche ‘lampo’ per le separazioni. Sulle adozioni la formula usata è “Resta fermo quanto previsto dalla legislazione vigente”, che prende a riferimento quello che è già stabilito dal Titolo IV della legge 184 sulle adozioni in casi particolari. I giudici potranno quindi decidere caso per caso, senza ‘paletti’ specifici per le coppie gay. L’impianto del ddl Cirinnà è fondamentalmente mantenuto, evitando però i rimandi agli articoli 29-30-31 della Costituzione che sono quelli che riguardano il matrimonio. Si richiamano invece gli articoli 2 e 3 della Carta sulle “formazioni sociali”. Le dichiarazioni di voto inizieranno alle 17 e alle 19 avrà luogo la prima chiama per il voto dei senatori. Lo ha annunciato in aula il presidente Piero Grasso al termine della riunione dei capigruppo. La discussione generale invece partirà alle 9.30 dopo la seduta della commissione Bilancio. Questo è il succo di una giornata politica convulsa, paradossale, surreale, con diversi stop and go, e forse il sospetto che sulle unioni civili si sia giocata una partita che va al di là del merito della legge sulle unioni civili.
Renzi dà subito la linea al Pd e alla nuova maggioranza con Verdini
Renzi ha subito dettato la linea con un tweet, linea sulla quale si sono schierati tutti i senatori della maggioranza: “L’accordo sulle unioni civili è un fatto storico per l’Italia. È davvero #lavoltabuona”, ha scritto pochi minuti dopo la chiusura dell’intesa sul nuovo testo a cui hanno lavorato i ministri delle Riforme, Maria Elena Boschi, della Giustizia, Andrea Orlando con il ministro per gli Affari regionali, Enrico Costa e i senatori Ap, Renato Schifani, capogruppo e Nico D’Ascola, presidente della commissione Giustizia. E anche il commento di Alfano non si è fatto attendere: “Oggi vince il buonsenso. Sì ai diritti. No alla equiparazione tra matrimonio e unioni civili. No alle adozioni”, ha twittato il ministro dell’Interno. La giornata non era iniziata sotto i migliori auspici. Una dichiarazione del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, sembrava aver rimesso in salita l’accordo sul testo. Lo stralcio della stepchild adoption “è un fatto importantissimo” ma “non è sufficiente”, “occorre evitare ogni equiparazione tra le unioni civili e il matrimonio”, aveva detto l’esponente Ncd, paventando uno slittamento dei tempi. Parole su cui sono piovute a stretto giro le reazioni del governo e dei vertici del Pd. “Non c’è alcun slittamento rispetto a quanto si era prospettato – ha replicato il sottosegretario Luciano Pizzetti -. Il voto della fiducia e del provvedimento avverrà entro domani. L’emendamento affronta il tema delle adozioni come si è detto, ma non introduce altri argomenti, come quelli proposti dal ministro Lorenzin” che “non deve chiedere altro”. E la vicesegretaria dem Debora Serracchiani gli ha fatto eco: “Nessun rinvio. I tempi sono confermati. Questa sera presentazione dell’emendamento e domani fiducia. Nessun cambiamento ulteriore del testo ma solo piccoli aggiustamenti formali che confermano l’impianto. L’Italia aspetta da venti anni questa legge e domani in Senato faremo questo primo decisivo passo”. Plaude all’accordo raggiunto anche la senatrice Pd che alla legge aveva dato il nome, Monica Cirinnà: “Siamo davvero ad un passo da una legge storica, che assegnerà finalmente, dopo un ritardo insopportabile, diritti concreti e pieni alle coppie gay”. Così come si dice soddisfatto Sergio Lo Giudice (Pd) che va dalle associazioni Lgbt che manifestano davanti a Palazzo Madama ad annunciare la svolta: “Ho visto la bozza del maxi emendamento e, a parte lo stralcio delle adozioni, il resto del ddl resta uguale. Mi sembra che il testo possa andare”. Quanto alle adozioni resta l’impegno della maggioranza a rimettere mano alla legge entro questa legislatura: “La stepchild adoption verrà convogliata completamente in un ddl ad hoc sulle adozioni che riprenderà tutta la materia e su cui chiederemo una corsia preferenziale. Pensiamo che tale legge debba essere approvata entro la legislatura, sia alla Camera, sia al Senato”, assicura il capogruppo dem al Senato, Luigi Zanda. Intanto se da un lato gli alfaniani ottengono lo stralcio delle adozioni e dell’obbligo di fedeltà, dall’altro resta la separazione lampo e il cognome del partner. Ma soprattutto il maxiemendamento non mette i bastoni tra le ruote ai giudici che finora si sono pronunciati a favore dell’adozione del figliastro nella coppia gay: “Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti” si legge nel testo, una riformulazione che ‘salva’ la giurisprudenza emersa finora sui casi di ricorsi inoltrati da coppie omosessuali.
Molte le voci critiche: Fratoianni, coordinatore nazionale di Sel-Sinistra italiana
Restano le voci critiche sull’accordo di maggioranza. Nicola Fratoianni, coordinatore nazionale di Sel-Sinistra italiana scrive in una nota: “Incontrando ieri i rappresentanti delle associazioni che si battono per i diritti omosessuali abbiamo ribadito la nostra posizione. Non accetteremo come Sinistra Italiana mediazioni al ribasso, nè accordicchi fra Renzi e Alfano, che tengono conto solo degli equilibri interni al governo e al Pd, senza alcuna considerazione per la vita delle persone che attendono da anni di vedere riconosciuti i propri diritti”. Nicola Fratoianni conclude: “I diritti o sono interi e per tutti o non sono diritti. Non c’è storia”.
Riccardo Magi, radicali italiani: “monumento alla politica ipocrita”
Il segretario di Radicali italiani, Riccardo Magi, è durissimo: “Bisogna avere davvero una faccia tosta per definire ‘storico accordo’ un compromesso sottobanco, che a colpi di emendamenti, continua a distinguere tra affetti di serie A e di serie B. Storico è il ritardo delle nostre leggi inadeguate e scollate dalla realtà sociale del Paese come il dibattito parlamentare a cui abbiamo assistito. L’espulsione delle adozioni e del vincolo di fedeltà dal maxiemendamento che, a quanto pare, il governo chiederà al parlamento di votare a scatola chiusa, come una delega in bianco, è un monumento alla politica ipocrita dei partiti sempre più lontani dalla vita reale delle persone. Potremo parlare di svolta storica solo quando avremo davvero liberato dalle discriminazioni la strada dei diritti con la riforma del diritto di famiglia in senso egualitario, per cui ci battiamo noi Radicali”.
Sacconi (Ncd): “Non voterò la fiducia e proporrò referendum abrogativo”
Perfino Maurizio Sacconi, importante esponente alfaniano, esprime insoddisfazione, da un altro punto di vista e annuncia che non voterà la fiducia, “per ragioni di metodo e ancor più di sostanza. Essa mi appare uno strumento politicamente improprio per una materia che investe principi fondamentali rispetto ai quali ciascuno deve obbedire solo alla propria coscienza. E la mia coscienza laica mi impone di difendere l’antropologia naturale rispetto ad una deriva nella giurisprudenza e nei comportamenti sociali in aperto conflitto con sentimenti profondi della nazione. Resto, come i più, favorevole a regolare tutte le convivenze e contrario a innovare la procreazione e la genitorialità. Nel testo sono ampie le sovrapposizioni tra unioni e matrimoni così da costituire le premesse per una giurisprudenza costante in favore delle adozioni omosessuali”. Sacconi, ovviamente da destra, annuncia perfino un referendum abrogativo su alcuni punti della nuova legge che sarà approvata.
La Velina Rossa: “Nata nuova maggioranza. Come farà la sinistra dem a spiegarla agli elettori?”
Di grande interesse l’analisi della Velina Rossa, di Pasquale Laurito: “Renzi si e’ dovuto inchinare davanti all’altare. Lo abbiamo visto in tv, durante il ricevimento per l’anniversario dei patti Lateranensi. Quella scena ci ha ricordato il famoso atto del Don Carlos di Verdi, in cui il re Filippo dopo il colloquio con il gesuita, deve piegarsi alle sue richieste. E forse rimarrà anche a Renzi l’eco della famosa frase ‘Dunque il trono piegar dovrà sempre all’altar!’. Filippo ha dovuto sottostare e sacrificare persino suo figlio e l’amico Rodrigo che anelavano alla libertà. Oggi possiamo dire che il taverniere fiorentino sacrifica la Cirinnà per fare un piacere all’altare. Noi siamo contenti che sia finita così, perché questo era il limite di quel che si poteva sopportare”, aggiunge il foglio parlamentare di Pasquale Laurito. “Anche perché, per quanto riguarda altre questioni, come le adozioni, queste potranno avere una loro soluzione giuridica, se c’è la volontà, in modo rapido. E lo ha fatto capire oggi, indirettamente, la Consulta con la sentenza che respinge il ricorso del tribunale dei minori di Bologna sul caso di una coppia di donne americane”. Quanto alla possibilità che il gruppo di Ala di Denis Verdini voti la fiducia, Velina rossa osserva che si tratta di un fatto politico “serio per tutti, a partire dalla sinistra del Pd. C’è un nuovo fatto politico. Prima, infatti, i voti di Verdini arrivavano come una sorta di soccorso azzurro alla maggioranza. E i vari Bersani e compagni, potevano lamentarsi della compagnia. Adesso invece, votano insieme la fiducia allo stesso governo, che fino a ieri si dichiarava di centrosinistra. Verdini e compagnia bella sono ora coinquilini di Bersani, Cuperlo e Speranza. Non bastano più, dunque, le lamentele, è necessario assumere una posizione politica vera, che non riguarda solo la legge sulle unioni civili ma che va ben oltre. Si viene meno alla volontà espressa dagli elettori nella competizione politica. All’epoca hanno votato Pd per un governo di centrosinistra e non pensavano ai governi della Nazione, con l’inclusione dei nuovi Scilipoti. Si può pretendere che gli elettori sopportino tutto ciò?”. La domanda è legittima: l’accordo sulle unioni civili ha aperto una enorme breccia per la formazione di una nuova maggioranza. Se ne deve parlare, subito, soprattutto a partire da coloro che nel Pd sono rimasti con forte spirito critico.
Le manifestazioni del movimento LGBT al Senato
Mentre al Senato andava in scena il Don Carlos, come giustamente denuncia la Velina Rossa, nei dintorni del Senato risuonavano le note di ‘Bella ciao’. Questa volta a cantare sono stati i manifestanti Lgbt, in rotta con la politica per lo stralcio delle adozioni al ddl sulle unioni civili. Prima il raggruppamento a cinquecento metri dal Senato, poi la decisione di muovere verso piazza Madama. Bloccati dalla polizia. E allora il minicorteo si è trasformato in un raduno, con l’occupazione di corso Rinascimento, e pazienza per il traffico. “Noi attendiamo i diritti da 30 anni, voi potete ben attendere 5 minuti”, è l’invito agli automobilisti rassegnati. Colorato e colorito il tono e lo stile della marcia Lgbt. “Diritti, uguaglianza”, recitano i cartelli più politici. Altri più fantasiosi alternano ‘siamo favolose’ a ‘lotta anale’, libera reinterpretazione della lotta di classe. Risuonano le parole d’ordine del passato, con motti come ‘tremate le froce sono tornate’. Ma non mancano i toni religiosi, come quando la piazza intona ‘la Madonna di Pompei vuole bene a trans e gay’. E la politica politicante? C’è anche quella, coi i volti dei ‘nemici’ storici delle cause Lgbt. Ecco quindi i cartelli su Formigoni, Giovanardi, Gasparri, e una coppia new entry, Razzi e Scilipoti.