Questo lavoro non è un testo esaustivo né scientifico sul fenomeno mafioso in Emilia Romagna, nè ha lo scopo di tracciare un quadro preciso sul fenomeno criminale in regione, in primo luogo perché diventerebbe un tedioso elenco di numeri e nomi incomprensibili ai più ed inutile, in quanto sarebbe consultato solo dagli addetti ai lavori. In secondo luogo perché il fenomeno mafie è mobile a tal punto da rendere vecchia ogni analisi già nel momento stesso in cui viene redatta.
Questo lavoro, parziale e smunto, è un ulteriore pezzo alla cassetta per gli attrezzi che cerchiamo da sempre di mettere a disposizione di chi, nel territorio, ha la volontà di accostarsi alla comprensione del fenomeno mafioso.
In principio nasce come l’aggiornamento “Emilia Romagna cose nostre – cronaca di biennio di mafie in E.R.”, pubblicato nel novembre del 2014, ma mutato profondamente in corso d’opera per inseguire i fatti d’attualità che hanno cambiato, in meno di un anno, quanto raccontato nel vecchio dossier.
Gli ultimi 12 mesi infatti hanno trasformato in cronaca quanto da noi descritto da oltre un lustro. Arresti, processi, sequestri, intimidazioni sono fatti giornalieri in una Emilia Romagna che si è risvegliata incapace, anche logisticamente di ospitare maxi-processi, tanto che anche il peggiore dei negazionisti si è arreso all’idea che le mafie hanno un ruolo ben definito nell’economia e sempre più spesso nella mentalità di questo territorio.
Hanno avuto questo ruolo anche negli ultimi 30 anni, solo che finalmente la magistratura ha aperto il vaso di Pandora scoperchiando verità e viltà, spesso scomode, per la politica, la guida economica dell’Emilia Romagna e la società civile.
Questa abbiamo provato a raccontare, gli intrecci di un potere che, mentre tutti guardavano “altrove”, ha intessuto nodi così forti da essere capace di legare un cappio al collo alla comunità.
Una comunità che però spesso quel cappio, per vantaggi personali, ha preferito metterselo da sola. Un cappio nel quale non abbiamo nessuna intenzione di infilare il nostro collo e dal quale abbiamo invece la ferma, e utopica, intenzione di liberare tutti quanti.
Il lavoro di ricerca nel 2015 si è arricchito dei contributi di associazioni o singoli operanti nel territorio: da Modena a Casalgrande (Re), da Piacenza a Carpi, sbarcando a San Marino, molti hanno contribuito a rafforzare il lavoro ormai storico del Gruppo dello Zuccherificio di Ravenna, il GaP di Rimini e di AdEst a Bologna. Una rete che, in regime di puro volontariato, copre tutta l’Emilia Romagna. Una squadra che è cresciuta macinando chilometri, mettendosi in discussione e continuando a fare nomi e cognomi quando era molto più semplice (e remunerativo) commemorare.
Una squadra che non ha “certezze”, ma che cerca di porre domande e pretende che qualcuno risponda. Questo, nella sua forma più nobile, crediamo sia giornalismo.