Il 2 gennaio 2006 cinque studenti tamil vennero uccisi dall’esercito dello Sri Lanka. Un giornalista tamil, Subramaniyaman Sugitharajah, scattò le foto dei loro corpi e le pubblicò sul suo quotidiano, Sudar Oli. Vi aggiunse un commento. Altro che l’esplosione accidentale di una granata che gli studenti stavano maneggiando, come affermava la versione ufficiale; era stata una vera e propria esecuzione.
Tre settimane dopo, il 24 gennaio, Subramaniyaman Sugitharajah fu ucciso. Il killer non è stato mai individuato. Dal 2004, nello Sri Lanka sono stati assassinati almeno 44 giornalisti. Per una strana coincidenza, molti di loro sono stati uccisi nel mese di gennaio. Oltre a quello di Subramaniyaman Sugitharajah, l’elenco comprende anche questi nomi: Lal Hemantha Mawalage, accoltellato a morte nel gennaio 2008; Lasantha Wickramatunga, direttore del Sunday Leader, ucciso nel gennaio 2009; Prageet Eknaligoda, vignettista e giornalista di Lanka-e-news, scomparso nel gennaio 2010.
Un’altro gennaio, quello del 2015, segna l’elezione del presidente Maithripala Sirisena. Negli ultimi 12 mesi Sirisena si è impegnato a combattere la cultura dell’impunità e gli attacchi contro gli operatori dell’informazione. I siti oscurati dall’ex presidente Rajapaksa sono tornati online, i giornalisti costretti all’esilio sono stati invitati a rientrare, i faldoni d’inchiesta sull’uccisione dei giornalisti assassinati o scomparsi sono stati riaperti.
Il 2016 sarà un anno positivo per la libertà di stampa nello Sri Lanka?