L’allarme lanciato dalle tre organizzazioni a poche ore dall’ennesima tragedia del mare lungo le coste siciliane. Più di 340 i bambini morti nel tentativo di raggiungere l’Europa dalla morte del piccolo Aylan. “Contare le perdite non è sufficiente. Dobbiamo agire”
ROMA – Due bambini al giorno hanno perso la vita in mare da settembre dello scorso anno nel tentativo di attraversare con le loro famiglie il Mediterraneo orientale e il loro numero continua ad aumentare. È l’allarme lanciato da Oim, Unhcr e Unicef che con un comunicato congiunto lanciano un appello affinché sia aumentata la sicurezza di coloro che fuggono da conflitti e disperazione. Un appello che arriva a poche ore dall’ennesima tragedia del mare lungo le coste siciliane: sono una trentina i migranti sbarcati questa mattina sulla spiaggia di Torre Salsa, in provincia di Agrigento, ma secondo le prime notizie ci sarebbero corpi in mare. Secondo quanto raccontato dagli stessi migranti, di provenienza magrebina, libica e tunisina, sarebbero stati lasciati in mare da un’imbarcazione nei pressi della costa, ma tra di loro alcuni non ce l’avrebbero fatta.
Dalla morte di Aylan Kurdi, spiegano le organizzazioni, sono più di 340 i neonati e i bambini annegati nel Mediterraneo orientale. Il numero totale di bambini che sono morti potrebbe essere anche maggiore, dicono le Agenzie, considerato il numero di corpi dispersi in mare. “Non possiamo voltarci dall’altra parte davanti alla tragedia della perdita di così tante vite innocenti o fallire nel fornire risposte adeguate rispetto ai pericoli che molti altri bambini stanno affrontando – ha detto Anthony Lake, direttore esecutivo dell’Unicef -. In questo momento possiamo non avere la capacità di porre fine alla disperazione che spinge così tante persone a tentare di attraversare il mare, ma gli Stati possono e devono cooperare nello sforzo di rendere questi pericolosi viaggi più sicuri. Nessuno metterebbe un bambino su una barca se fosse disponibile un’alternativa più sicura”.
I bambini, spiegano le tre organizzazioni, oggi rappresentano il 36 per cento delle persone in transito e la “probabilità che anneghino nel Mar Egeo nella traversata dalla Turchia alla Grecia è aumentata proporzionalmente”, spiegano nella nota. Durante le prime sei settimane del 2016, 410 persone delle 80 mila che hanno attraversato il Mediterraneo orientale sono annegate. Questo significa un aumento pari a 35 volte il numero di morti rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. “Contare le perdite non è sufficiente. Dobbiamo agire – ha dichiarato William Lacy Swing, direttore generale dell’Oim a Ginevra -. Questo non è un problema solo del Mediterraneo, né solo dell’Europa. Quella che sta avvenendo è una catastrofe umanitaria che chiede l’impegno di tutto il mondo. Il terremoto di Haiti del 2010 non era una questione solo di un emisfero, né lo era lo tsunami in Asia sudorientale del 2004. In risposta a quei disastri ci fu un’enorme manifestazione di azione umanitaria. La stessa è necessaria in questo caso”.
Sul tema è intervenuto anche il segretario generale dell’Onu che ha convocato una riunione ad alto livello per affrontare a livello globale il tema della responsabilità condivisa, attraverso vie legali per l’ammissione di rifugiati siriani, che si terrà il 30 marzo a Ginevra. Per Filippo Grandi, Alto commissario per i rifugiati, c’è bisogno di “maggiori sforzi per combattere il traffico di persone. Inoltre, dal momento che molti dei bambini e degli adulti che hanno perso la vita sono persone che stavano cercando di ricongiungersi con parenti in Europa, promuovere soluzioni che consentano alle persone di spostarsi in modo legale e sicuro, ad esempio attraverso programmi di reinsediamento e ricongiungimento familiare, dovrebbe essere un’assoluta priorità se vogliamo ridurre il numero delle morti”.