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Non dimentichiamo la Siria

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Sono passati 5 anni dall’inizio del conflitto in Siria, 5 anni di morte, di privazioni e di devastazione. Tre anni fa Anthony  Lake, direttore dell’Unicef, parlando del dramma  del  conflitto siriano disse che due milioni di  bambini erano testimoni della scomparsa del loro passato e del loro futuro, una generazione perduta  di esseri umani che sarebbero stati segnati per tutta la loro esistenza.  In questi  5 anni chi detiene le redini del potere nel mondo spesso  è rimasto impassibile riguardo questa tragedia,  a volte ha lanciato qualche proclama, qualche vaga promessa, spesso  si è barcamenato sul numero di profughi  da ospitare o meno nel proprio paese.  Ogni tanto qualche leader ha mostrato la faccia contrita  rammentando la Siria, ma concretamente non è mai stato fatto niente. Nel 2014 l’Onu  disse che era impossibile calcolare quanti fossero i morti per mancanza di fonti attendibili e che avrebbero smesso di contarli, già si parlava di centinaia di migliaia di vite umane disintegrate.  Da tempo non sentiamo più parlare di corridoi umanitari,  delle condizioni di chi ancora vive fra le macerie, privo di assistenza sanitaria e di generi di prima necessità. A Marzo del 2014 Tytty Cherasien  raccontava il dramma del campo profughi  palestinese di  Yarmouk,  ci parlava delle persone che morivano di fame e si chiedeva come fosse possibile.  E oggi che ne è stato di quei sopravvissuti?  Come vivono i siriani dentro il loro paese o  nei campi profughi? Chi ci racconta la Siria oggi?

In questi anni ho conosciuto associazioni, alcune nate da ragazzi italo/siriani, che hanno fatto il possibile per cercare di mandare ai profughi cibo, medicine,  vestiti e altri materiali  come i giochi, i quaderni, le matite affinché i bimbi rifugiati  ritrovassero,  anche in mezzo alle tende fra il fango, il troppo caldo o il troppo freddo, un po’ della loro infanzia. Queste sono persone che non si sono mai stancate di riportare notizie del popolo siriano, delle città distrutte, città un tempo bellissime e ricche della storia dell’intera umanità.
Mentre in Siria, dal marzo del 2011,  si continua a morire o a distruggere, in Italia grazie alla disumanità innescata da alcuni leader politici, in special modo quelli della destra e della lega,  si è alimentato il razzismo. Non vediamo nei rifugiati le vittime di una catastrofe umanitaria,  queste persone sono diventate, agli occhi di troppi nostri connazionali, ipotetici invasori che vengono nel nostro paese unicamente per causarci sofferenze. Stiamo diventando uno stato ricco di persone senza cuore e questo un domani ci potrebbe costare caro perché il passato c’insegna che i regimi totalitari s’instaurano spesso nei paesi dove il populismo è un sentimento comune.

L’Ansa riporta che oggi 8 Febbraio 2016 una neonata siriana di un anno è stata trovata morta alla stazione dei bus di Adana, nel sud della Turchia, dove era giunta con la madre dopo un viaggio di oltre 100 km a piedi da Aleppo, in fuga dalla guerra. Secondo i primi rilievi, la piccola Garam sarebbe morta per malnutrizione e freddo. Garam è l’ennesima piccola vittima non solo del conflitto nel suo paese natale ma dell’indifferenza del mondo intero.  Dei migranti morti durante le traversate si riportano notizie quasi come fosse diventata una macabra routine. Ci abituiamo a pensare con disinteresse alla Siria e come molti hanno già detto, un giorno i nostri figli potrebbero domandarci com’era stato possibile rimanere così impassibili a tutto questo.
Comprendo che noi persone comuni ci si senta spesso impotenti, ma è da questo sentimento che nasce poi l’indifferenza, eppure più volte nella storia i grandi movimenti dei semplici cittadini hanno influenzato le nazioni. Forse dovremmo anche noi, nel nostro piccolo,  parlare più spesso della Sira, condividere le storie e i nostri pensieri a riguardo e chiedere ai mass media di non dimenticare. Questo è il minimo che possiamo fare per Goran, Aylan, per tutti i bambini siriani morti in mare o in terra, per tutte le loro famiglie, per tutta la Siria e per la nostra umanità.


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