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“Mancini ci lascia le verità di un impegno costante”. Intervista a Nello Trocchia

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“Io, morto per dovere” è il libro che racconta la storia di Roberto Mancini, il poliziotto che ha scoperto la Terra dei fuochi. Edito da Chiarelettere scritto a quattro mani da Luca Ferrari e Nello Trocchia con la collaborazione di Monika Dobrowolska Mancini, moglie dell’investigatore che aveva indagato per anni sul traffico illecito dei rifiuti e ne aveva individuato il sistema criminale che ancora oggi devasta il territorio campano e non solo. Abbiamo intervistato Nello Trocchia (nella foto), autore del libro e precario dell’informazione che dall’agosto del 2015 è sotto la vigilanza dai Carabinieri per aver subito delle minacce da un boss di camorra per i suoi lavori di inchiesta.

Chi era Roberto Mancini?
Era una persona dotata di straordinaria capacità investigativa, di una umanità e di una attenzione a quelli che erano i temi della democraticizzazione dei corpi della Polizia. Mancini poneva in primo piano una legalità in grado di conciliarsi con la giustizia sociale. Con una squadra a ranghi ridotti guida i sopralluoghi, inala sostanza tossiche, si occupa di inseguire i trafficanti di veleni, si ammala e muore di dovere. Ci lascia le verità di un impegno costante, una normalità fatta di lavoro, passione e amore per il proprio paese, per la propria terra e per la propria divisa. Abbiamo raccontato il profilo partendo dal collettivo di cui faceva parte al liceo, restituito la personalità divertente, ironica e mai banale di Roberto. Ha attraversato gli anni delle spranghe, delle fiamme e degli omicidi politici, ha preferito le idee e l’impegno alla morte e alla deriva violenta. Ha portato tutto con in polizia: passione ideali e voglia di cambiare da dentro le istituzioni.

Cosa riportano le indagini svolte a proposito del traffico di rifiuti?
Roberto nel 1996 deposita un’informativa alla Procura di Napoli in cui sono presenti gli elementi utili ed essenziali per comprendere l’organigramma affaristico criminale che ha prodotto la devastazione territoriale. L’informativa però non venne considerata a sufficienza all’epoca perché vi era una scarsa considerazione dell’opinione pubblica su quei temi, era assente una cultura giuridica e mancava una normativa efficace a contrastare i crimini connessi all’ambiente. Trascurare le indagini di Mancini è stato un errore madornale, perché i protagonisti citati nell’informativa sono stati successivamente mandati a processo. Se l’informativa avesse goduto di maggiore considerazione, oggi, avremmo certamente evitato anni di devastazioni ambientali in Campania e non solo.

Quale organigramma criminale viene fuori?
L’indagine presenta accuratamente il mondo di Cipriano Chianese considerato dalla Procura di Napoli l’inventore dell’ecomafia in Campania, oggi a processo a distanza di vent’anni. Chiamato anche “l’invincibile”, Chianese intesseva rapporti con uomini dei servizi segreti, generali dei Carabinieri, ex magistrati e massoni. La capacità investigativa della squadra di Mancini è stata quella di individuare diversi responsabili. La prima responsabilità non è della criminalità organizzata ma di un’imprenditoria che ha voluto cancellare i costi di smaltimento dai propri bilanci affidandosi a intermediari che hanno smaltito i rifiuti in discariche non autorizzate. In questo sistema non mancano i politici conniventi e poi la camorra che ha operato alla devastazione con lo sversamento dei rifiuti nelle terre in cui abitavano gli stessi boss e dove avrebbero vissuto in seguito i loro figli.

Quindi, non è una storia di sola camorra.
Questa storia che viene raccontata come unicamente di camorra non aiuta a capire nulla. Questa è una storia di depredazione di risorse pubbliche e saccheggio ambientale che riguarda un organigramma che ha smaltito illegalmente in tutto il paese. Sono delitti di impresa che da anni si articolano dalla Lombardia alla Sicilia, in questa storia, la Campania è diventata la terra dove sperimentare agli inizi questa attività criminale.

Cosa significa rileggere oggi l’ultima informativa presentata da Mancini alla Procura di Napoli?
L’ultima informativa che Mancini ha fornito alla Procura di Napoli, abbiamo deciso di pubblicarla in esclusiva per restituire a chi legge quanto il dibattito sia fermo, quanto parliamo di cose già acquisite su cui avremmo dovuto lavorare già da tempo, quanto abbiamo perso terreno su criminalità organizzata e reinvestimento di capitali illeciti, quanto i Prefetti hanno sottovalutato il dramma della presenza e della realizzazione delle mafie anche sul territorio romano. C’è anche un capitolo è dedicato proprio a Roma, per realizzarlo abbiamo recuperato gli articoli di giornale in cui vengono riportati gli arresti ai latitanti realizzati da Mancini, abbiamo esaminato a lungo i suoi appunti e lo scenario è identico a quello di questi anni a Roma e nel Lazio. Al centro delle indagini ritroviamo anche il clan dei Moccia che fino a poche settimane fa operavano ancora indisturbati. Questo è il risultato di una sottovalutazione abbinata all’incompetenza di chi ha parlato di mele marce e non di ramificazione criminale nella capitale.

Oltre l’uscita del libro, il 15 e il 16 gennaio andrà in onda la docu-fiction “Io non mi arrendo” in cui Beppe Fiorello, autore della prefazione di “Io, morto per dovere”, interpreterà il ruolo di Mancini. Cosa c’è da aspettarsi?
Monica (n.d.r. Dobrowolska Mancini) ha visto la fiction e dice che sarà molto emozionante. La fiction sarà romanzata dal nostro libro ed è sicuramente un grandissimo strumento per diffondere il nome di Roberto Mancini. Sarà l’occasione per raccontare una verità all’Italia, cioè, la storia del poliziotto comunista che ha scoperto prima di tutti la Terra dei fuochi.


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