Sarebbe un errore non dare all’intervento di Roberto Scarpinato, procuratore generale presso la Corte di Appello di Palermo, pronunciato qualche giorno fa alla presenza del ministro della Giustizia Orlando (in cui ha dato tra l’altro per già letta la relazione di 583 pagine redatta dalla Procura generale con la collaborazione delle sette procure della repubblica del distretto, cioè di tutta l’isola che anche a me piacerebbe leggere).
Scarpinato, co-autore alcuni anni fa di un saggio non dimenticato su Il ritorno del principe edito da Chiare Lettere),si richiama all’inizio del suo discorso proprio al discorso del ministro di cui ricorda una frase significativa: “la giustizia è stata per lungo tempo un terreno di scontro, a tratti persino drammatico. Il recupero di efficienza della giustizia non è un tema che debba appassionare solo gli studiosi di organizzazioni pubbliche ma è una decisiva riforma politica, per uno Stato che voglia adempiere ai suoi compiti fondamentali…
Non c’è Stato dove la criminalità spadroneggia. Non c’è prospettiva di sviluppo, non c’è futuro per le nuove generazioni dove bisogna piegare il capo, oppure tacere oppure scappare. Non c’è prosperità dove regna l’incertezza, la paura o la violenza.” Ed ha aggiunto subito dopo:”Questo Palazzo è, nella memoria collettiva e nella storia nazionale, anche e soprattutto, uno dei luoghi nei quali si è maggiormente manifestato quel nesso tra questione giustizia e questione dello Stato da Lei colto nella sua relazione alla Camera come segno qualificante della vicenda italiana nel panorama europeo. ” E ancora.” Questo palazzo è stato una postazione strategica nella quale la giurisdizione si è dovuta far carico, pagando un tributo altissimo, della missione di rifondare la credibilità perduta delle istituzioni compromessa da perversi intrecci tra politica e crimine e di difendere la tenuta stessa della democrazia contro i progetti destabilizzati di potenti e complessi sistemi criminali che inglobano quello mafioso…
Non meraviglia come, a fronte della buona tenuta dell’azione di contenimento del crimine mafioso, si assista, di contro, ad un arretramento sul terreno della legalità, quindi a una preoccupante escalation della illegalità nei più svariati settori e di conseguenza a una disillusione nei confronti del futuro.” Scarpinato ha poi citato alcune statistiche elaborate dalla Procura Generale: +25% dei delitti contro la Pubblica Amministrazione; +48 % per le estorsioni ivi comprese quelle poste in essere da gruppi non appartenenti a Cosa Nostra;+49 % per i reati in materia di traffico di stupefacenti;+ 22 % per i furti;+79 % per il reato di usura;+60% per i reati edilizi;+34% per le lottizzazioni abusive. ” La conclusione del procuratore generale è inquietante:” Si rimuove la realtà del carattere interclassista del crimine, e del protagonismo al suo interno di una vasta platea di soggetti di elevato status sociale nei confronti dei quali una politica criminale che punti solo su una generalizzata e indiscriminata illusione correzionalista nei termini accennati è condannata all’impotenza.”
La relazione di Scarpinato di cui ho riassunto soltanto quelli che a me sono parsi i punti più importanti meriterebbe da parte delle nostre classi dirigenti nazionali un’attenzione maggiore di quella che si solito si attribuisce nel costume nazionale. L’osservatorio siciliano è sempre stato importante ma lo è particolarmente nei tempi di populismo trionfante.