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L’identità personale tra diritto e condivisione sociale

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Il diritto all’identità personale si pone oggi al centro di un profondo dibattito che ne coinvolge non solo gli aspetti più propriamente giuridici, ma anche quelli umani e sociologici.
Se il diritto all’identità personale è il diritto della persona all’intangibilità delle propria proiezione sociale, ossia il diritto, come definito dalla Corte di Cassazione nel lontano 1985, a non veder all’esterno “alterato, travisato, contestato, offuscato il proprio patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico e professionale, indipendentemente dal fatto che le condizioni ingiustamente attribuite violino l’onore e la reputazione”, è giunto il tempo di riconsiderare questo concetto in una visione più ampia che tenga conto della complessa realtà che viviamo.

Diritto all’identità è “diritto ad essere se stessi”, come sancirono i giudici costituzionali con una nota sentenza del 1994 ed è quindi dal “se stessi” che bisogna partire.

L’origine del diritto all’identità personale è, pertanto, dottrinale e giurisprudenziale. Nell’ambito dei diritti della personalità ovvero di quei diritti che attengono alla persona nella sua più stretta individualità, tale diritto è protetto dall’ordinamento giuridico con particolare intensità, oggi, non più in un’ottica essenzialmente proprietaria e cioè rispetto alla persona in quanto “titolare di diritti su sé stessa”, tutelata, al pari del diritto di proprietà, nel suo interesse “ad avere”, bensì come espressione di situazioni più ampie proprio legate “all’essere”. La complessità dell’essere definisce, infatti, l’identità e l’individualità e contribuisce alla ricchezza della realtà umana nelle sue infinite sfaccettature.

Ridurre questa realtà ad un pensiero unitario basato, ad esempio, sulla mera contrapposizione tra bene e male, tra ciò che conosciamo e ciò che è ignoto, ciò che ci assomiglia e ciò che è diverso da noi, incide profondamente sul senso stesso di identità e non tiene conto della necessità, in questo particolare momento storico, di estendere la visione dei rapporti  umani e sociali al di là di questo pensiero. Se in campo giuridico i diritti della personalità si sono venuti delineando come “serie aperta” in continua  espansione e trovano il loro fondamento nell’art. 2 della Costituzione che “…riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità”, questa “apertura” deve colorare ogni ambito in cui l’identità personale si esplica e, quindi, il nostro vivere e convivere di tutti i giorni.

Il rispetto dell’espressione della propria identità implica dunque il rispetto dell’espressione di quella altrui e se giuridicamente si distingue tra “diritti di rispetto della personalità umana”, quali  il diritto alla vita, all’integrità fisica e morale, al nome e, appunto, il diritto all’identità personale e “diritti complementari di solidarietà”, come il diritto alla salute, al lavoro ed alle prestazioni previdenziali ed assistenziali, su un piano più prettamente sociologico e culturale tali diritti devono compenetrarsi ed integrarsi proprio per garantire la piena espansione della personalità ed il rispetto delle diverse identità di ognuno, al di là della separazione, del giudizio e della discriminazione.
In tal modo, il riconoscimento del diritto all’identità personale, che peraltro ha ormai da tempo acquisto una propria dignità normativa nell’ambito della protezione dei dati personali, prima con la legge n. 675/1996, poi con il d.lgs. n. 196/2003, può assumere una costante legittimazione anche in un più vasto ambito sociale e rendere “etiche”, ovvero profondamente rispettose della reciproca espressione di identità e, quindi, di umanità, le nostre azioni.

In questo senso, l’etica non è da confondersi con la morale o con forme di buonismo o di apparente disponibilità perché anima, nella sua essenza, prima un pensiero complesso, che tiene conto della diversità e della molteplicità dell’espressione dell’essere, e poi un agire cosciente che è già in sé aperto alla considerazione di chi ci vive accanto e di ciò che ci circonda.

A cura della Fondazione FIVE onlus


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