Ne hanno arrestati dieci. Maltrattavano ragazzi disabili ricoverati e venivano pagati per questo. Questa ennesima vergogna è avvenuta a Grottaferrata, alle porte di Roma ed ha avuto giustamente risalto sui media. Quando si chiudono questi lager o si scoprono i falsi invalidi la cronaca giornalistica se ne occupa. Ma molto raramente si occupa di analizzare la disabilità in tutte le sue forme, ciò che è cambiato (in meglio) e ciò che non è (tragicamente) cambiato nel corso degli anni, la personalità di chi vive una disabilità, la complessità delle situazioni, gli stereotipi, i pregiudizi…Però, a volte riescono a raccontarlo le stesse persone che vivono questa che non è altro che una delle tante condizioni umane, alla pari delle altre. Patrizia Ciccani lo fa con leggerezza e con forza, con allegria, amarezza e ironia, in un piccolo bellissimo volume dal titolo “Zia, lo sai che sei un po’ strana?”. Leggendolo si capisce molto bene che, come scrive l’autrice, è faticoso per chi non lo è confrontarsi sullo stesso piano con una persona disabile.
Patrizia ha una disabilità motoria e linguistica provocata da un errore dei medici alla sua nascita. Ha vissuto il percorso di una bambina che negli anni ’60 aveva la sola strada degli istituti specializzati perché le scuole “normali” non accettavano gli alunni con problemi fisici o mentali e le pagine che ripercorrono il suo arrivo alla grande scuola della Balduina, finanziata e voluta da una fondazione benefica e dedicata ai bambini “con handicap” come si diceva allora, sono struggenti e divertenti allo stesso modo. Così come quando racconta del giorno in cui, ormai giovane adulta, arriva a Londra con una amica e scopre una situazione nuova: nessuno la guarda, nessuna nota il suo modo di camminare, il suo parlare un po’ strano…”io mi giravo per capire se mi guardavano magari girandosi all’ultimo momento, di sottecchi, come spesso succede, ma niente, nessuno sembrava filarmi, non ero un’attrazione, non ero una curiosità, ognuno era preso dai fatti suoi”. E qui vorrei dire a Patrizia che generazioni di ragazze italiane semplicemente in minigonna e stivali, quando arrivavano a Londra in quegli anni provavano la stessa sensazione, non capivano perché nessuno le guardava, o fischiava, o faceva battute, e milioni di ragazzi dalla pelle di ogni colore andavano proprio a Londra perché…nessuno se li filava! Dunque, davvero, tutto era semplicemente normale. Londra era ed è tutto questo come la maggior parte delle capitali occidentali, fra le quali non c’è Roma e non c’è l’Italia.
La storia di Patrizia Ciccani si snoda come un romanzo di emozioni e sentimenti, ci porta alla sua età adulta, alla sua laurea, al lavoro brillante di bibliotecaria, di pedagogista e di editor, con uno spirito che riporta sempre alla fortuna di aver incontrato un medico che, quando si scoprirono i suoi problemi, rispose alla madre che chiedeva disperata “Ma questa bambina come la devo trattare?”, “Signora, deve trattarla normalmente, quando c’è bisogno di uno schiaffo glielo dia!”.
Questo libro insegna molte cose a ciascuno di noi, qualcosa di più a chi la disabilità non la conosce e non ha provato le umiliazioni che la nostra società ti impone, dai marciapiedi rotti alle penose trafile burocratiche per ottenere il minimo che ti spetta, dagli sguardi compassionevoli alle battutacce, dalla gente che sbuffa e ti chiede di scansarti, e si potrebbe continuare molto a lungo. “Io non ho niente di eccezionale e, visto che stiamo parlando di pregiudizi, considerarmi tale solo perché conduco la mia vita come tutti è un pregiudizio”. Questo ci insegna Patrizia. Il suo libro è stato edito (vendute 550 copie) dalla SP Joy, una piccola casa editrice specializzata che ha dovuto chiudere nei giorni scorsi, ora è pubblicato dalla CreateSpace Indipendent e venduto attraverso Amazon (oltre che in alcune librerie di Roma). Se associazioni, case editrici, chiunque sia interessato vuole acquistarlo sa come fare. Ne vale davvero la pena!