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Iraq, più soldati italiani: saranno mille

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Italia torna in forze in Iraq: siamo pronti ad aumentare l’impegno nella lotta contro gli integralisti di Daesh, il sedicente Stato Islamico, anche se questo vorrà dire schierare forze significative su una terra che già ha preteso tante vittime italiane. Sullo scenario iracheno, fra Erbil, Bagdad, Kirkuk e le forze dell’Aeronautica basate in Kuwait sono già operativi circa 700 militari, inquadrati nella “Coalition of the Willing” a guida americana su richiesta del governo iracheno. A essi, visto che Bagdad ha finalmente sciolto le riserve affidando alla Trevi di Cesena l’appalto per l’intervento di restauro urgente sulla diga di Mosul, si affiancheranno i 450 previsti per la difesa dei lavori, e forse altri 130 operatori di soccorso, con elicotteri attrezzati per il recupero dei servizi e un campo di asistenza.

La decisione su quest’ultimo contingente dovrebbe essere sancita venerdì nel Consiglio dei ministri, e significa che sotto il tricolore opereranno quasi 1.300 militari, di cui 900-1000 in Iraq: il contingente italiano diventerà così il secondo come consistenza nello schieramento internazionale dopo quello statunitense, che conta 3.700 uomini. Visto il ruolo del nostro Paese, fra le ipotesi in ballo a livello di coalizione c’è anche la nascita di un comando italiano per l’Iraq, che verrebbe affidato a un generale di divisione.

L’attuale schieramento si articola in questo modo: a Erbil, nel Kurdistan, sono presenti 200 istruttori, in prevalenza paracadutisti, ora in via di avvicendamento con i bersaglieri. I dettagli sulle brigate di appartenenza sono tenuti riservati dalla Difesa, per motivi di sicurezza. Il compito di questi istruttori è fornire ai peshmerga l’addestramento di base, indispensabile per un esercito che comprende anche combattenti di età matura, che hanno diritto all’inquadramento militare in virtù del loro passato fra le file dei guerrieri curdi. Sono pieni di motivazione, ma spesso poco preparati alla guerra, e le loro tecniche d’assalto rudimentali espongono l’esercito peshmerga a perdite rilevantissime. Il fiore all’occhiello del contingente italiano è soprattutto il corso per gli artificieri e sminatori, preziosissimo per contrastare le bombe trappola di Daesh e salvare la vita ai combattenti curdi.
A Bagdad un centinaio di carabinieri si occupa dell’addestramento della polizia irachena, curando di garantire accanto alle tecniche di arresto e investigazione anche elementi di tutela dei diritti umani. Il Pentagono insiste perché un contingente di carabinieri sia spedito anche a Ramadi, di recente riconquistata dalle truppe governative. A Kirkuk, nel nord, una decina di operatori delle Forze speciali si occupa di un addestramento avanzato dei colleghi curdi, in vista di missione delicate dietro le linee dei fondamentalisti. In Kuwait, infine, ci sono 400 persone dell’Aeronautica, impegnate a seguire le missioni dei droni Predator e quelle dei caccia Tornado, per ora limitate a compiti di ricognizione. Proprio perché Roma cambi i suoi “caveat” dando via libera ai bombardamenti, il Pentagono preme sulle Forze Armate italiane: l’ultima occasione è stata una lettera del segretario alla Difesa Ashton Carter, indirizzata alla collega Roberta Pinotti. Ma per il momento il cambio di modalità operative non sembra nei programmi, tanto più che in termini strategici la presenza di quattro bombardieri in più nello schieramento che colpisce Daesh sembra ricoprire un ruolo molto modesto.
I costi dell’intera operazione Iraq saranno sicuramente alti: nella legge di stabilità è stato accantonato uno stanziamento extra di 600 milioni, che però difficilmente potrà bastare se contro Daesh si aprirà anche il fronte libico, con l’avvio delle operazioni sulle coste mediterranee. (Repubblica)

Da sanfrancesco
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