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I processi che si cancellano per lentezza

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Il nostro è un Paese che non si finisce mai di raccontar bene,  agli stranieri come ai nostri studenti d’università , sovente  ignari-malgrado le scuole secondarie da cui escono- di un ritratto ricco di peculiarità che non appaiono a prima vista. In questo senso l’amministrazione della giustizia è un pozzo senza fondo che di rado appare come veramente è.  Tutti o quasi quelli che arrivano nella penisola o ci vivono da sempre sanno che i processi sono lenti, quasi interminabili e tali da doversi dimenticare a volte persino la questione che divide aspramente i contendenti giudiziari tra di loro e dai giudici che devono decidere chi ha ragione e chi ha torto.

Ma nella società contemporanea in cui si sono affermati valori fondamentali di democrazia e di equità si sa che più i reati sono gravi più in processi lenti per l’arretratezza dell’amministrazione giudiziaria che nessuno può negare più.

E’ necessario che la prescrizione non scatti troppo presto. E a questa prima regola, che è difficile mettere in dubbio, segue il fatto storico che ha caratterizzato l’ultimo decennio in seguito alla legge Ciriello dal nome del deputato di Forza Italia che la portò all’approvazione nel 2005 e che ora-undici anni dopo, l’attuale governo vuole finalmente modificare e riportare alla situazione precedente,  preoccupandosi anche di riformare in maniera complessiva l’edificio ma per questo tutti sanno che ci vorranno anni e non mesi. Ora da un dossier preparato al Ministero della Giustizia emerge che nell’ultimo decennio si sono registrate 1468.220 prescrizioni. Si parte dalle 189.588 del 2005, anno di approvazione della legge Cirielli alle 113.671 del 2012. Ma dal 2013 il trend sale e quell’anno ce ne sono state 123.249 e nel 2014 132.298,ultimo dato consolidato due anni fa. La nuova legge già approvata alla camera con un forte attrito tra il Partito democratico e l’alleato Nuovo centro  destra che ha prodotto la frenata che si è verificata a Palazzo Madama, al Senato dove il disegno di legge è fermo. E i dati a livello nazionale come regione per regione e città per città sono impressionanti perché nel 2014 dice che “oltre 80 mila fascicoli processuali si chiudono definitivamente nella fase delle indagini preliminari al vero e proprio processo, inoltre 23.740 non riescono a superare il processo preliminare e 24.304 muoiono ,cioè si chiudono per prescrizione durante il processo di appello. Se si guardano le statistiche nelle varie sedi giudiziarie si può vedere che al primo posto nell’indice tra tra processi definiti e  processi  prescritti c’è l’ex capitale Torino con il 34,3 per cento. E all’ultimo posto il capoluogo altoatesino Bolzano con lo 0,4 per cento. Tra i poli opposti ecco Milano che è attestata sull’indice 11,1%, Bari con il  9,2%, Napoli all’8,8%, Palermo  al 6,3%, Firenze e Roma affiancate al 4%, Caltanissetta al 3%,Gela al 2,1%, Aosta all’1.4 %,  l’Aquila al 1,3%. Naturalmente di fronte a un panorama che parla di un milione e mezzo di fascicoli archiviati senza una sentenza appare con chiarezza che lo spostamento del termine non basta se non si interviene sulla gestione degli uffici e sulla selezione nei ruoli dei dirigenti. Ma la resistenza, a quanto pare è ancora forte in parlamento, prima ancora che la legge dopo un decennio di scontri entri in vigore.


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