Fioccano a ritmo sempre più veloce le risposte offensive di calciatori e manager alle domande dei giornalisti. Perché Lega, Federcalcio e altri lasciano correre?
Dal mondo del calcio giunge notizia di numerosi comportamenti non ortodossi di calciatori e manager del calcio nei confronti di giornalisti. Parole, gesti, azioni, decisioni, intimidazioni, che ledono il diritto/dovere a informare e il diritto dei cittadini a essere informati. Puntualmente ne diamo conto nel Notiziario di Ossigeno. Ciò che inizia a diventare preoccupante è il ritmo temporale sempre più veloce con cui accadono questi fatti e anche lo scadimento nella volgarità e nell’aggressività.
Ecco una carrellata dei fatti degli ultimi giorni. L’allenatore dell’Inter ha controbattuto a una giornalista di Mediaset a colpi di “Stronzate” e “Cagate”. Il presidente della Sampdoria, davanti alle telecamere, ha intimato “di evitare domande stronze o vi mando a fare in culo”. Non pago di ciò, alla domanda di un giornalista ha replicato: “Ma lei è capace di andare a fare in culo?”. L’allenatore del Milan, alla fine della partita contro il Genoa, si è rivolto a un cronista con un lieve “Fai le solite domande del cazzo”. A Pisa un calciatore e suo padre, che è anche vicepresidente della società Arezzo Calcio, hanno tentato addirittura di aggredire fisicamente, oltre che con le parole, un giornalista locale. In quest’ultimo caso, il giocatore è stato multato dalla società e il presidente dell’Arezzo ha presentato le scuse al cronista. A Catania un dipendente della società calcistica – su ordine dei suoi dirigenti – ha sbarrato la strada a troupe e giornalista di Telecolor che intendevano seguire gli allenamenti del Catania calcio.
Andando non troppo indietro nel tempo, troveremmo il racconto di altri episodi simili. Ora non è chiaro se siamo di fronte a una nuova epidemia, o all’emersione di un fenomeno non nuovo, qualcosa che forse c’è sempre stato, ma del quale finalmente si inizia a parlare apertamente.
E come si reagisce a tutto ciò? Se si esclude il caso di Arezzo, non si ha notizia di interventi delle società calcistiche per impedire, punire, condannare chi si rivolge in questo modo ai giornalisti. Né si è a conoscenza di specifici interventi delle grandi istituzioni sportive e calcistiche: dal Coni alla Federcalcio, alle Leghe di Serie. Tutti tacciono, nonostante l’Unione dei giornalisti sportivi abbia alzato la voce e chiesto di mettere fine a questo andazzo lesivo della dignità personale e della libertà di stampa.
Chi usa questo linguaggio fiorito vive in un mondo dorato, fatto di onori, fama, gloria e milioni a profusione, un mondo che non ammette le domande impertinenti, che sono la specialità dei giornalisti. I patron del calcio e i goleador si fanno trattare tutti da grandi professionisti: dall’ultima riserva che marcisce in panchina al mister. Fanno bene a farsi rispettare ma devono comportarsi di conseguenza, imparando che esistono anche i giornali, i giornalisti, il diritto all’informazione, ai quali fra l’altro devono la loro fama.
Il giornalista ha il dovere di porre le domande, qualsiasi domanda, e chi non vuole rispondere a quelle sgradite può dire non comment , una risposta più elegante che vale più di qualsiasi insulto o espressione sguaiata. È bene saperlo.
Ed è tempo che le istituzioni calcistiche, dalle società in su, reagiscano, intervengano, dimostrino la loro esistenza in vita, facciano in modo che si volti pagina. Spieghino a questi signori del calcio che il mondo non si riduce alla vendita dei diritti televisivi, alle mosse per guadagnare miliardi, alle beghe da bar dello sport. Nei rapporti pubblici le buone maniere non sono forma, sono sostanza.
GFM