Il giornalista dell’Espresso Giovanni Tizian è il protagonista dell’ultima puntata di “Cose nostre” in onda sabato 6 febbraio, alle 23.40, su Rai1. Tizian, vincitore tra l’altro dei premi Biagio Agnes ed Enzo Biagi nel 2012, nasce in Calabria, a Bovalino, un piccolo centro della Locride. Proprio lì ha inizio il racconto di “Cose nostre”, dalla ‘ndrangheta degli anni Ottanta, quella dei sequestri di persona, della guerra tra clan che provocò nella sola provincia di Reggio Calabria oltre 700 morti. Quella stessa ‘ndrangheta che incendiò l’azienda di famiglia di Tizian, che non voleva cedere al racket, e che uccise suo padre Giuseppe, integerrimo funzionario di banca, il 23 ottobre 1989. Fatti che ancora oggi non hanno un colpevole.
Il “viaggio” prosegue in Emilia Romagna, a Modena, dove la famiglia Tizian decise di trasferirsi e dove Giovanni iniziò la sua attività di giornalista alla Gazzetta di Modena. Un lavoro da cronista che lo portò ben presto a scoprire che le mafie si erano radicate da tempo anche al nord e che lo videro denunciare gli affari dei clan. Poi, le denunce sempre più stringenti – e spesso in solitudine – sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta e della camorra nel sistema economico e politico emiliano e si proseguirà raccontando come oggi i clan condizionano l’edilizia e il commercio, il turismo, hanno affari milionari nel gioco d’azzardo, e relazioni con il mondo politico e le classi dirigenti del nord del nostro Paese. La trasmissione ricostruirà anche le minacce di morte subite da Tizian per il suo lavoro sul gioco d’azzardo, l’inizio della vita sotto scorta dal dicembre 2011, il lavoro per il settimanale l’Espresso. Minacce, intimidazioni e tentativi di condizionamento che sono finiti anche nelle aule di tribunale nel processo Black Monkey, ancora in corso a Bologna. Fatti che, grazie al coraggio del giornalista calabrese e al sostegno delle associazioni antimafia, non impediscono a Tizian di continuare a svolgere il suo lavoro.