Alagie Abdoulaye Ceesay, direttore di Radio Teranga, un’emittente radiofonica indipendente del Gambia più volte chiusa tra il 2011 e il 2012, è in carcere ormai da sei mesi.
Il processo va avanti con lentezza. Nel frattempo, nella famigerata prigione denominata “Secondo miglio”, Ceesay ha contratto un’infiammazione al fegato. Il 13 gennaio, in preda ai dolori, è stato condotto in ospedale per accertamenti: gli hanno dato qualche pillola e l’hanno rimandato in cella.
Ai sensi dell’articolo 52 del codice penale, Ceesay deve rispondere di sei capi d’accusa relativi a sedizione e pubblicazione di notizie false allo scopo di instillare paura e allarme nell’opinione pubblica.
Che ha fatto Ceesay? Ha condiviso via telefono cellulare con due amici che lavorano nel palazzo presidenziale un fotomontaggio, che già circolava ampiamente su Internet, in cui il presidente Yahya Jammeh – che regge in modo autoritario il paese da oltre 20 anni – veniva raffigurato con una pistola puntata contro. Sotto la foto, un commento ammoniva su una possibile futura rivolta.
Dopo una delle udienze, la principale teste dell’accusa ha denunciato di essere stata costretta a testimoniare contro Ceesay e è scappata dal paese. Come fanno tantissime altre persone. Il rapporto tra numero di rifugiati e popolazione del Gambia è tra i più alti al mondo.
Poco prima dell’arresto, Ceesay era stato tenuto in isolamento dal 2 al 13 luglio, senza poter contattare avvocati e familiari, negli uffici dell’Agenzia per la sicurezza nazionale. Appena rilasciato, aveva denunciato di essere stato torturato.
In Gambia difensori dei diritti umani, presunti e reali oppositori e giornalisti indipendenti rischiano quotidianamente di essere arrestati o di sparire in qualche prigione segreta. L’articolo 52 è tra i più usati nei procedimenti penali. Quando tornano in libertà, ai giornalisti viene trattenuto il passaporto. In questo modo, non possono lasciare il paese.