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Dal Manifesto di Ventotene del 1944 alcune idee per uscire dalla crisi della civiltà europea del XXI secolo

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Di Pino Salerno

Quando Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Ursula Hirschman, tra il 1941 e il 1944, nell’isola tirrenica di Ventotene in cui erano stati confinati dal regime fascista, decisero che sarebbe venuto ormai il momento di uscire dal secolo del totalitarismo, elaborarono un progetto di Manifesto dal titolo “Per un’Europa libera e unita”. Il loro tentativo fu quello di coniugare l’analisi della crisi della civiltà europea, coinvolta nella guerra fratricida più sanguinosa di tutti i tempi, alla visione di qualcosa di nuovo, di una nuova e diversa società europea che dalla lezione, orribile, della prima metà del Novecento, riuscisse a produrne l’uscita, da quella crisi di civiltà.

La prima metà del Novecento, col primo e il secondo conflitto mondiale, con l’ascesa dei regimi totalitari in Italia, Germania, Spagna, Unione Sovietica, consegnava ai tre grandi intellettuali la convinzione che contro la barbarie si dovesse abbandonare lo stato nazionale, così come si era definito nel corso dell’era moderna, per abbracciare un progetto più grande e ambizioso: la costituzione federalista degli Stati Uniti d’Europa. Il Manifesto di Ventotene, che pubblichiamo qui accanto in estratti, ha alcuni punti di analisi che possono essere giudicati ingenui o non sufficientemente sostenuti sul piano teorico e della lettura storica. Tuttavia, palesa una sua attualità soprattutto nei punti considerati nel 1944, quando Eugenio Colorni ne stampò la versione definitiva, decisamente visionari. E l’attualità risiede anche nella risposta “ante litteram” che il Manifesto fornisce alla crisi europea del XXI secolo, e al rischio di una sua perdita di senso e di dignità.

Possiamo dire, ad esempio, che i Trattati europei, che da Maastricht in avanti sono stati firmati, sono dettati dal tentativo di superare politicamente ciò che Spinelli, Rossi, Hirschman e Colorni chiamarono “definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani”? Possiamo dire che, ad esempio, dinanzi alla crisi migratoria che ha trascinato milioni di persone verso le sponde europee, il continente abbia risposto non assecondando interessi ed egoismi nazionali, ma con una comune politica di accoglienza? Possiamo dire, ad esempio, che l’assenza di una Costituzione europea, non sia una costante ferita al processo di costruzione federalista dell’Europa e di uscita dalla crisi di civiltà? Possiamo dire che la deriva burocratica e rigorista della moneta unica abbia aiutato l’integrazione degli stati meno ricchi? Possiamo dire che l’Europa tutta stia elaborando una risposta di civiltà contro l’attacco dei fondamentalismi?

A tutte queste domande, purtroppo, siamo costretti a rispondere di no. E ad avanzare una proposta di riflessione sull’uscita dalla nuova crisi di civiltà che attraversa l’Europa nel XXI secolo. Per questa ragione abbiamo deciso di farci aiutare dalla visione europea federalista di Spinelli, e di spingerci fino a rilevarne la straordinaria attualità, soprattutto quando i suoi autori fanno riferimento al ruolo centrale delle istituzioni pubbliche (la scuola su tutte) per la ricostruzione della civiltà europea, che guarda al futuro delle nuove generazioni, riducendo le disuguaglianze (nel 1944 elaborarono già un reddito di dignità), aumentando le libertà individuali e collettive, coltivando il sogno di una sorta di economia sociale di mercato, nella quale far maturare il grado di responsabilità collettiva del capitalismo.

Insomma, quel Manifesto, elaborato, discusso, criticato, scritto a Ventotene, ci appare ancora oggi come un modello di costruzione di analisi critica degli stati nazionali sovrani attuali e della fragilità in cui è immersa il nostro continente. E soprattutto, la proposta di una via d’uscita dalla crisi di civiltà.


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