Dal centro di accoglienza alla strada. La nuova via “regolare” della tratta

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La denuncia di Caritas ambrosiana: “Arrivano sui barconi e quando giungono in Italia hanno già imparato a memoria la storia da raccontare alle autorità per chiedere asilo”. In un report i nuovi dati sul fenomeno: diminuisce l’età delle vittime, a Milano sempre più albanesi

MILANO – “Le schiave del sesso arrivano sui barconi e quando giungono in Italia hanno già imparato a memoria la storia da raccontare alle autorità per chiedere asilo”: Palma Felina è la responsabile di Caritas Ambrosiana degli operatori che ogni sera escono sulle strade di Milano per assistere le prostitute. “Una storia fotocopia uguale a quella delle altre, preparata da chi le traffica -racconta al mensile di Scarp de’ Tenis-. Alle donne viene spiegato che è un passaggio obbligato per poter iniziare a lavorare, anche se nessuno dice quale lavoro dovranno in realtà fare e a quali condizioni”. In un report realizzato in occasione della Giornata mondiale contro la tratta, che la Chiesa celebra in tutto il mondo il prossimo 8 febbraio, Caritas Ambrosiana denuncia questa nuova via dei trafficanti per far arrivare in Italia donne che poi vengono costrette a prostituirsi. Una denuncia che trova conferma nei dati dell’Oim: nel 2015 sono arrivate in Italia 5.633 nigeriane, oltre il triplo di quelle giunte l’anno precedente (1.454). A Milano la Giornata verrà celebrata con un convegno a Palazzo Marino, un flash mob (alle ore 18.15) in piazza della Scala e, alle ore 21, nella basilica di Sant’Ambrogio, il cardinale Angelo Scola incontrerà il premio Nobel per la pace Kailash Satyarthi.

Nel corso del 2015, l’unità di strada “Avenida” di Caritas Ambrosiana, ha incontrato 47 donne nigeriane. Un piccolo ma significativo campione che permette di fare luce su quel che sta succedendo a Milano, ma anche in altre città italiane. “Quasi tutte sono arrivate in Italia via mare tramite Lampedusa -si legge nel report- e sono transitate dai centri di accoglienza. Molte di loro hanno fatto richiesta di asilo politico e sono in attesa di sapere se è stato accolto”. “È dall’emergenza Nord Africa, già nel 2011, che abbiamo segnalato il problema. Ora il fenomeno è esploso”, sottolinea Palma Felina.

Le nigeriane sono ‘relegate’ alla periferia della città e sono rimpiazzate velocemente da nuove venute: sostenuto è infatti il turn over, ovvero il numero di donne nuove incontrate ogni anno. Secondo l’indagine si abbassa anche l’età media. Se nel 2010 il 25% dichiarava di avere meno di 22 anni, nel 2015 la percentuale si è raddoppiata.  Gli operatori peraltro hanno il sospetto che in molti casi siano più giovani di quanto dichiarano e che spesso siano in realtà minorenni. Il Rapporto poi fotografa la situazione delle donne avviate alla prostituzione sulle strade di Milano e hinterland. Oltre alla Nigeria, sono Romania e Albania gli altri paesi di provenienza. Le tre nazionalità che da sole rappresentano il 90% delle donne costrette a prostituirsi.

In termini assoluti e in percentuale si conferma la nazionalità prevalente nel territorio milanese, ma dal 2010 ad oggi è stata registrata di anno in anno una flessione costante. Se prima (in particolare dall’ingresso della Romania nell’Unione Europea) e fino al 2010 le donne rumene rappresentavano fino all’80% delle donne totali incontrate, dal 2010 ad oggi sono man mano diminuite fino al 2015, in cui le presenze sono calate di quasi il 30%. Alta comunque rimane la loro mobilità sul territorio, nazionale e non solo, come emerge dalle loro storie. Spesso Milano è una ‘tappa’ transitoria che le porta in altre città o stati (per le rumene in particolare Spagna, Inghilterra, Germania). Per quanto riguarda l’età (dichiarata) delle donne, il 40% del totale si colloca nella fascia dai 18 ai 23 anni. Dai racconti emerge che spesso si tratta di giovani madri sole con figli lasciati in Romania alla cura delle famiglie. Le forme di reclutamento e assoggettamento variano da una sorta di ‘accordo’ preso con gli ‘sfruttatori’ (non riconosciuti come tali) prima della partenza, accordo che dovrebbe stabilire  la percentuale di guadagno che la donna potrà tenere per sé,  accordi assolutamente disattesi, fino alla presenza del fidanzato/sfruttatore (‘lover boy’).

Nel corso degli ultimi anni la presenza a Milano delle donne albanesi sulla strada è cresciuta in modo significativo. Se ancora nel 2010 la loro presenza era residuale (il 2,4% delle donne da noi incontrate), nel 2015 rappresenta il 20%. Il turn over delle donne albanesi è molto alto: è alta la loro mobilità sul territorio, e in questi ultimi anni supera il 60% la percentuale di nuove donne arrivate, quasi il 40% è stata incontrata dall’unità di strada una sola volta. Utilizzano il visto turistico che permette loro di stare sul nostro territorio per tre mesi, alcune quindi tornano periodicamente in Albania, in altri casi rimango in Italia irregolarmente. Si tratta di giovani donne (il 40% di loro dichiara meno di 23 anni), si prostituiscono sia in zone centrali che periferiche della città. A sfruttarle è spesso il fidanzato capace di esercitare un condizionamento psicologico fortissimo.

Gli operatori dell’unità di strada offrono alle donne la possibilità di essere accompagnate ai servizi socio-sanitari sul territorio, oltre che colloqui ‘sociali’ in collaborazione con il Servizio emergenza donne Dal 2010 ad oggi sono state seguite 400 donne; la richiesta e l’intervento maggiore riguardano l’accompagnamento ai servizi sanitari. (dp)

Da redattoresociale


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