Di Luigi Sambucini
Mentre il Pd ha già pronte le candidature per le Primarie: Giachetti, Morassut, Pedica (Pd), Rossi (Cd) e Mascia (Verdi), e la Sinistra ha già scelto Stefano Fassina, la Destra capitolina è letteralmente in confusione. A nulla sono servite le ‘immolazioni’ di Rita Dalla Chiesa, dell’imprenditore Alfio Marchini, dello stesso Storace, una serie di veti incrociati tra le tre forze maggioritarie che detengono la golden share della coalizione (Fi-Lega e Fdi/An), mettono a nudo l’assoluta incertezza incarnata da Georgia Meloni, da Silvio Berlusconi e dai centristi, che, lo ricordiamo, nella capitale sono da sempre all’opposizione delle amministrazioni di centrosinistra. Probabilmente nelle prossime ore non ci saranno schiarite, visto che non sono in calendario vertici destinati a diradare le nebbie, ma quello che è certo è il fatto che due dei tre possibili candidati in pectore, mantengono il più stretto riserbo e soprattutto silenzio. È nostra opinione ‘sponsorizzare’ ad oggi, non come simpatizzanti naturalmente, ma come bookmaker, i nomi dell’ex responsabile unico della Protezione Civile Guido Bertolaso e del magistrato Simonetta Matone. Sono loro a sbaragliare il campo. La Matone non ha mai smentito la sua volontà di scendere in campo e Bertolaso si è rifugiato in una lunga serie di indisponibilità, che potrebbero essere facilmente aggirate. Il problema del centrodestra, come del centrosinistra, è una questione di ticket. Sindaco e vicesindaco, possibilmente un uomo ed una donna, dovrebbero incarnare anime diverse della coalizione. Per il centrodestra sarebbe pesante la ‘coppia’ Bertolaso-Meloni (la leader di Fratelli d’Italia non si è mai chiamata fuori dalla corsa verso il Campidoglio), ma sarebbe decisamente impossibile, ad oggi, metterla in campo. Lo scenario è pressoché identico nel Pd e nella sinistra, dove non esistono neppure ipotesi di una ‘coppia politica’ da lanciare nella sfida. Poi resta Marchini, per ora unica candidatura unica per il centro politico capitolino, e i 5 Stelle. Questi ultimi, non hanno assolutamente problemi, visto che sceglieranno, come stanno facendo per il programma proposto dal duo Grillo-Casaleggio, sottoscritto da circa 6000 cliccatori, anche l’uomo solo al comando o la coppia chiamata a raccogliere le ceneri lasciate da Alemanno e dai tentativi di risanamento del sindaco-chirurgo, Ignazio Marino. Di fronte a tutto questo i sondaggi, non quelli sui partiti, ma quelli sugli umori della città descrivono una città arrabbiata e delusa, stanca della sua burocrazia paralizzante, della piovra corruttiva che si è infiltrata negli uffici comunali, che sente umiliato il suo prestigio a livello internazionale. Ma è anche una comunità, quella romana, che ha voglia di riscatto e che, nonostante il malumore diffuso per la situazione attuale, ha intenzione di mettersi in fila ai seggi per cambiare una classe dirigente locale che considera inadeguata. E anche per spazzare via la sensazione, sempre più radicata, di una città avviata al declino. È questo lo spaccato di Roma che emerge dal sondaggio realizzato da Ipr Marketing, commissionato dall’associazione Roma Progetto 2025. Per la stragrande maggioranza dei romani (il 73%) la qualità della vita è insoddisfacente. I più scontenti sono gli anziani (85%). Solo il 22% dei residenti si sente di esprimere una valutazione positiva sulla vivibilità della Città eterna. Per tre romani su quattro poi la situazione, negli ultimi 6-7 anni, è peggiorata. Soprattutto per le donne. Le cose sono cambiate in meglio solo per il 3% del campione. Da qui si spiega la convinzione, per la maggioranza assoluta dei residenti, che la Città eterna stia vivendo una fase di decadenza. Colpa, soprattutto, di un ceto politico che viene giudicato inappropriato dal 71% dei cittadini.