Cosa ha spinto noi dell’Associazione Giornalisti amici di padre Dall’Oglio a chiedere di tornare alla casa comune di tutti i giornalisti italiani per parlare di Aleppo?
La nostra dimensione di esseri umani, feriti dall’indifferenza che non può e non potrà contagiare la stampa. E poi la nostra dimensione di giornalisti, che non vedono buoni e cattivi tra gli artefici di questo orripilante scempio dell’uomo. Vediamo benissimo tutti i carnefici, senza eccezione alcuna, e tutte le vittime, a qualunque comunità appartengano.
Nessuno è immune da responsabilità se si tiene presente quanto accade in Libia, Tunisia, Egitto, Arabia Saudita, Yemen, Bahrein, Iran, Iraq, Siria, Turchia, Libano. Ma non potendo parlare di tutto abbiamo deciso di chiedere alla Federazione Nazionale della Stampa di organizzare e ospitare questo confronto su Aleppo, come confronto umano, senza amici se non i feriti, i fuggiaschi, i torturati, i disperati, le donne, i bambini. Sono loro, donne e bambini, l’80% dei corpi ammassati, con i soli vestiti che indossano, al confine tra Siria e Turchia, in fuga verso una terra senza promesse; al massimo, se dirà loro bene, qualche latrina.
450mila siriani vivono sotto assedio, con colonne di aiuti umanitari bloccati a pochi metri da loro. Sono i 450mila individui privati del diritto a sopravvivere, colpevoli di risiedere in 15 villaggi “strategici”. Sappiamo che la maggior parte di loro sono assediati dai lealisti del presidente Assad, come sappiamo che in questo crimine contro l’umanità ci sono anche molti residenti di villaggi sciiti, assediati in odiosa ritorsione dagli insorti. Questo lo sappiamo noi perché lo sanno tutti. Ma lo vorremmo sapere di più.
La sola indicazione politica che abbiamo sentito in questi mesi tremendi contrastare la geopolitica degli imperialismi genocidiari è la geopolitica di papa Francesco, per la quale nessuno è perduto, nessuno va messo con le spalle al muro se si vuole trovare una via di scampo. E forse è doveroso ricordare che se in Siria qualcuno è ancora in vita con ogni probabilità è merito di un Papa che spinse russi e statunitensi a imporre la distruzione dell’arsenale chimico di un regime che fino a quello stesso giorno non aveva mai ammesso di averne uno.
Anche per questo abbiamo voluto che ci fosse con noi padre Camillo Ripamonti, direttore del Centro Astalli, per parlarci degli effetti di questa immane tragedia che in queste ore sta portando alla cancellazione di una città, Aleppo, sotto il peso di bombe e accerchiamenti. Chi fa il suo lavoro non ha né alleati né paraocchi. Proveremo a collegarci con Aleppo, dopo aver ascoltato due testimoni, perché è importante sentire loro, le vittime che si sentono abbandonate dal mondo. Sapendo bene e dicendolo subito che ce ne sono anche altre e che non accetteremo la rimozione della loro sofferenza. Chi è stato scacciato di casa dall’ISIS, ad esempio, ci è presente e caro proprio come chi deve fuggire dai “liberatori” di Aleppo.
Per questo ci sembra indispensabile prendere esempio da quanto sono riusciti a fare altrove Sant’Egidio e le Chiese Evangeliche: ottenere subito dei corridoi umanitari per salvare chi è fuggito da Aleppo e dintorni e bloccare subito i bombardamenti. Proprio Sant’Egidio ci aveva avvisato con la campagna “Salviamo Aleppo”, passata quasi sotto silenzio.
Padre Paolo Dall’Oglio prima di essere sequestrato il 29 luglio di tre anni fa, ha lasciato inciso su nastro un avvertimento ai suoi carissimi fratelli siriani. In quel messaggio diceva: “ Cari amici siriani, se ciascuno di noi chiude la sua mente e crede che le cose andranno come vuole lui, resterà deluso: procedendo in questo modo le cose andrebbero come vuole il diavolo, noi tutti perderemmo il Paese e ciascuno di noi perderebbe l’altro. […] L’unità nazionale che abbiamo avuto era imposta dall’alto, dal partito Baath, come nello stato napoleonico. Questo è il passato, che non funziona più: ora vogliamo un’unità che parta dal basso, dalla volontà dei cittadini, e quindi foriera di buoni rapporti con tutti i nostri vicini.”
Ci sembra chiaro che, purtroppo, non sia stato ascoltato. Ma noi sì, noi lo abbiamo ascoltato. E siamo d’accordo con lui, ancora oggi e ancor più di ieri.
Dopo l’iniziativa si terrà il Direttivo di Articolo21 in preparazione dell’assemblea del 24 febbraio prossimo
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